L Europa e il mare da proteggere. Le Marche sempre ferme al palo

L’Europa e il mare da proteggere. Le Marche sempre ferme al palo

di Roberto Danovaro
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Giovedì 31 Ottobre 2019, 11:52 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 19:14
Torno sulla questione scottante della protezione del mare perché la Commissione Europea, con la messa in mora complementare C(2019) 537 del 2019, ha avviato la Procedura di Infrazione 2015/2163 relativa alla mancata designazione delle Zone Speciali di Conservazione. In poche parole, stanno partendo le multe per le Regioni che non hanno attuato misure di conservazione relative ai Siti di Interesse Comunitario (Sic) e alle Zone Speciali di Conservazione (Zsc). Se non verranno adottate misure entro i prossimi tre mesi saranno guai. I Siti Natura 2000 (esclusivamente in aree interne a Sic/Zsc) devono essere soggetti a misure di conservazione. E’ un obbligo di legge e deve essere redatto un piano aggiornato con l’elenco degli habitat Natura 2000 e di specie interessate dall’intervento. Questo fatto rende chiaro un problema che non è più di natura politica.

Non si tratta di dire se vogliamo o non vogliamo fare un’area marina protetta al Conero. Si tratta di avere aree marine Sic/Zsc con una estensione di oltre 1240 ettari (dati Ispra) che la Regione Marche deve tutelare. Nelle altre regioni il discorso è più semplice, il monitoraggio e i piani di protezione li attuano le aree marine protette esistenti. Nelle Marche no, perché gli “oppositori” della protezione degli habitat più belli e vulnerabili hanno sempre contrastato, con il benestare dei nostri amministratori, la nascita dell’Area Marina Protetta del Conero che avrebbe avuto fondi ministeriali dedicati al monitoraggio e alla protezione. Cosa dobbiamo fare ora che è stata avviata la Procedura di Infrazione? Non abbiamo molte scelte: o finanziare con fondi della Regione piani di monitoraggio e protezione dei siti, che vale a dire spendere soldi del contribuente marchigiano, oppure pagare multe salate (sempre con fondi dei contribuenti). E’ veramente una storia triste che sembra anche anacronistica. In un mondo che va verso una cultura della sostenibilità, della lotta alla plastica, all’inquinamento e alla protezione del capitale naturale, le Marche sono ferme al palo. Negli anni sono state diffuse tante notizie false sulle aree marine protette e in particolare su quella del Conero. Provo a sfatarne alcune (tralasciando quelle dei detrattori più fantasiosi): in primo luogo le aree marine protette non sono un “carrozzone politico”; di norma hanno un solo dipendente, il direttore dell’area protetta, che viene reclutato con concorso pubblico nazionale e deve essere competente. Inoltre, è pagato dal ministero dell’Ambiente. Il resto del personale (di solito da uno a tre unità) è a contratto e pagato su fondi di progetti.

Le aree protette non sono luoghi dove è vietato fare tutto, anzi, si può attraversare l’area protetta con la propria imbarcazione, si può fare il bagno, si possono fare immersioni e così via. Esistono solo alcune restrizioni come la velocità di navigazione, o non si possono usare moto d’acqua. In piccolissime porzioni è necessario avere l’autorizzazione per svolgere le attività professionali o di ricerca e in alcune aree si può pescare solo se dotati di permesso. In Europa, le aree marine da proteggere sono i Siti di Interesse Comunitario e le Zone Speciali di Conservazione. Le Marche ne hanno, e per legge dobbiamo proteggerle. Spero che questo serva a far capire che la protezione dell’ambiente e del mare, così come la qualità dell’aria che respiriamo nelle città o dell’acqua potabile delle nostre abitazioni, non sono un problema legato alla sensibilità politica sono un obbligo e definiscono il confine tra una società civile e avanzata che guarda al futuro e un oscurantismo retrogrado.

La legge 221 del 2015 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” ha istituito un Comitato Nazionale per il Capitale Naturale che deve proprio informare il governo sullo stato delle risorse naturali, aiutandolo a sviluppare politiche ecologicamente sostenibili. Lo sta facendo il governo italiano sul solco dei paesi più avanzati al mondo. Mi piacerebbe che lo facesse anche la nostra regione, pochi giorni fa classificata al secondo posto tra le migliori destinazioni da visitare nel 2020 (da Lonely Planet), e che lo facessero i sindaci delle nostre città. Altrimenti, finiremo per essere “cornuti” (perché non potremo vantare di avere un’area marina protetta come quella del Conero e conservare quello che di più bello abbiamo) e “mazziati” dalle multe salate o dalle spese per recuperare i piani di gestione. 

*Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine
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