Un’economia più sostenibile puntando sulla risorsa-mare

Un’economia più sostenibile puntando sulla risorsa-mare

di Roberto Danovaro
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Giovedì 28 Luglio 2022, 01:10

Con 8.700 chilometri di costa, l’Italia copre il 15% del Mediterraneo ed è per metà del suo territorio sotto il mare. Sorprendono quindi solo in parte i risultati del nuovo report prodotta da Nomisma Mare che ha calcolato che un quarto dell’economia italiana è dovuto, direttamente o indirettamente, al mare. Un dato forse sovrastimato, ma che ha il merito di aver integrato tutte le attività economiche, produttive, turistiche ed energetiche correlate al mare. Basta pensare che il mare da solo attrae oltre il 60% del flusso turistico globale. E poi le compagnie di navigazione, gli agenti marittimi, gli spedizionieri, il sistema portuale e l’intera catena logistica.

A questo si aggiungono gli alberghi, gestione delle spiagge e logistica che insieme fanno quota 9% del Pil. Con un’Italia leader mondiale sia nella costruzione di navi da crociera sia degli yacht. Per non parlare delle infrastrutture a mare, la rete di gasdotti, elettrodotti, e cavi per la trasmissione di dati. Il mare è strategico per la competitività del sistema economico nazionale considerato anche che via mare transita il 64% dell’import italiano e il 50% delle esportazioni. Le “autostrade del mare” trasportano ogni anno 1,5 miliardi di veicoli, con un risparmio di costi e notevoli vantaggi in termini di emissioni inquinanti e clima alteranti. Un dato che può crescere ancora se pensiamo che a livello globale oltre l’86% delle merci transita via mare. L’economia blu nelle isole potrebbe seguire il modello Trentino Alto Adige, che da un dopoguerra di povertà è giunto a meta del turismo più esclusivo. L’economia del mare potrebbe anche ridurre il divario di sviluppo tra nord e sud del Paese, dato che quantità e qualità le risorse blu si concentrano nel nostro mezzogiorno.

Tutto bene quindi? No per nulla. L’Italia ha perso negli ultimi 50 anni, 3.500 ettari di coste, con un danno evidente al turismo blu. La pesca italiana, è in un declino costante da decenni frutto di una gestione inadeguata e drogata dai sussidi. La pesca illegale continua a imperversare con perdita costante di habitat che portano a ulteriore erosione delle coste. L’economia del mare può crescere ancora molto, ma deve farlo in modo sostenibile. Ovvero, conciliando sviluppo turistico e industriale con la qualità ambientale.

Ma così non è, almeno per ora. Siamo fermi al palo del 5% di protezione dei mari (contro il 30% previsto dalle nazioni unite) basta pensare al modello Costa del Conero, ormai caso nazionale per follia della politica locale, in cui bastano i diportisti che in questi giorni stanno assaltando il Trave senza regole e controlli, e pochi pescatori subacquei a fermare un processo di valorizzazione di un bene comune. Non c’è turismo senza qualità dell’ambiente. So che questa cosa sfugge ai nostri politici locali, tutti intenti ad accaparrarsi i voti delle lobby. Ma se ragionassimo pensando ai nostri figli dovremmo puntare molto di più sul mare. In questi giorni possiamo toccare con mano i problemi che in futuro si riproporranno in modo sempre più pressante: 1) la crisi idrica, 2) la disponibilità di energia e 3) il cibo dal mare. È nel mare il futuro dell’approvvigionamento idrico per la nostra agricoltura grazie a nuovi desalinatori che rendono l’acqua di mare acqua dolce.

È nel mare il futuro dell’indipendenza energetica del nostro paese. Non tanto per nuove trivellazioni nei nostri mari, che comunque non basterebbero mai a procurare tutto il gas che consumiamo, quanto per la possibilità di produrre energie rinnovabili dal mare. L’eolico in mare aperto è la vera scommessa del nostro paese, capace di coniugare una produzione rinnovabile, rilevante e continua con il rispetto dell’ambiente, senza escludere la possibilità di espandere anche la produzione di energia con pannelli solari galleggianti o l’utilizzo di onde e correnti. È nel mare la soluzione alla richiesta di cibo buono, sano e giusto, grazie ad una nuova acquacoltura integrata ed eco-sostenibile che punti su nuove specie a basso impatto ambientale. Ovvero abbandonando una pesca sempre più insostenibile fatta di strascico e di vongolare. Ma percorrere le strade di una nuova economia blu sostenibile richiede anche tanta ricerca e nuove tecnologie blue e green, capaci di conciliare lo sviluppo di nuovi settori industriali con un ambiente e un mare sano per noi e per le generazioni future.

*Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine

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