L’Istao è tornato al centro dell’attenzione pubblica per il ricambio della presidenza, dopo le dimissioni di Pietro Marcolini. Nessuna polemica, nessuna resa. Ma il senso compiuto di una missione impegnativa portata a termine con successo, per la quale Marcolini va ringraziato. Semmai è un’importante occasione per ripassare i fondamentali dell’impegno formativo che ha distinto l’Istao, dopo più di mezzo secolo di attività, e per verificare la sua attualità. Anche perché non so quanti sanno veramente che cosa è l’Istao, oltre alla abusata etichetta ormai di moda di “business school”. L’Istao è molto di più. Posso segnalare tre aspetti distintivi che lo rendono speciale. Il primo sono i valori identitari. Nell’atto costitutivo redatto nel 1967 dal fondatore Giorgio Fuà vengono richiamate le “lungimiranti intuizioni di Adriano Olivetti per quanto riguarda le responsabilità sociali dell’attività economica ed i rapporti tra industria e comunità”. Si parla di responsabilità sociali, di industria e di comunità, sottostanti alla sigla Istao che sta per “Istituto Adriano Olivetti di studi per la gestione dell’economia e delle aziende”. I padri fondatori dello sviluppo economico e sociale dell’Italia e della nostra regione, che nell’Istao sono rappresentati da Olivetti e Fuà, ci hanno lasciato il compito di educare le nuove classi dirigenti ad avere “una profonda sensibilità per le responsabilità sociali dell’impresa”. Sono valori identitari che Fuà ha ribadito nel 1997, in tre mirabili pagine introduttive del volume del trentennale che sintetizzano la sua eredità. Frasi scolpite che lasciano il segno. Con le quali, in estrema sintesi, viene stilizzato il metodo dell’Istato, inteso come un “laboratorio di esperimenti innovativi”, una “bottega artigiana” dove si può “apprendere producendo” e non solo “apprendere ascoltando lezioni”. Vengono indicati il modello formativo di riferimento: l’“imprenditore civilmente e culturalmente impegnato, più precisamente l’imprenditore-leader che considera propria missione quella di formare, guidare, sviluppare un gruppo di persone facendole sentire partecipi di un’operazione creativa comune della quale essere tutte orgogliose” e l’obiettivo: “far crescere la legione di coloro che si assumono la responsabilità di organizzare il lavoro proprio e altrui”. Il secondo aspetto distintivo è la capacità di adattamento dell’Istao negli oltre cinque decenni della sua attività, con la flessibilità tipica della piccola impresa.
* Professore emerito di Politica economica, Università Politecnica delle Marche, Ancona
Presidente Accademia d’Arte Lirica, Osimo