L’Autonomia calpesta i diritti e spacca il Paese tra ricchi e no

L’Autonomia calpesta i diritti e spacca il Paese tra ricchi e no

di Sauro Longhi
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Lunedì 9 Gennaio 2023, 08:26

Il futuro dovrà sempre di più valorizzare l’accoglienza, la condivisione, la solidarietà, tra le priorità del Paese sembra invece emergere una proposta di Autonomia differenziata che penso vada nel verso opposto. La proposta ha ripreso vita nella nuova legislazione e punta a favorire le regioni più ricche, basti solo pensare alle regioni che la propongono: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Ad essere precisi, anche la nostra Regione nella passata legislatura aveva aderito all’iniziativa, di fatto giustificata per un possibile aumento di qualche punto percentuale delle proprie disponibilità economiche. La proposta dà mandato alle Regioni di trattenere parte delle entrate fiscali per gestire direttamente competenze importanti e delicate come l’istruzione, la sanità, la produzione di energia e la tutela dell’ambiente, solo per fare alcuni esempi. Si pensa ad una autonoma proposta per ogni regione definita attraverso il proprio statuto, di fatto con modelli e organizzazioni che possono essere molto diversi tra loro. L’Emilia-Romagna ha una proposta diversa dal Veneto, il Veneto dalla Lombardia e così di seguito. Si avrà su una scala molto più ampia, quanto abbiamo sperimentato nei sistemi sanitari regionali, con livelli di qualità dei servizi assistenziali molto diversi tra le regioni e spesso non adeguati ma soprattutto con un’autonomia a volte dannosa, con la quasi impossibilità di integrare servizi assistenziali tra regioni anche confinanti. Per evitare distorsioni sono stati previsti i livelli essenziali di prestazione (Lep), definiti dalla Costituzione per garantire uguali diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale. Con fatica sono stati definiti quelli in ambito sanitario che però non hanno evitato i disservizi presenti in tanti territori. Ma qualora non si riuscisse a definire i Lep nei diversi ambiti previsti, si formulerà ugualmente un’intesa, finanziando la Regione sulla base della spesa storica nello specifico ambito in cui è chiesta l’autonomia, di fatto avvantaggiando chi già spendeva tanto, cioè le regioni del Nord. Le materie in cui è possibile richiedere autonomia dallo Stato sono 23, tra queste l’istruzione, la ricerca scientifica e tecnologica.

Già in occasione della mia ultima Inaugurazione dell’anno accademico all’Università Politecnica delle Marche, in presenza del Presidente della Repubblica, nel marzo del 2019, ne avevo evidenziato i rischi: «Il valore del sistema universitario nell’unicità di obiettivi, norme e finanziamenti, deve essere mantenuto e con questo il valore legale del titolo di studio, a difesa dell’unicità del sistema nazionale, forse a rischio di cancellazione dalle proposte di autonomia differenziata di cui tanto si discute in queste settimane e che potrebbero scomporre il sistema universitario nazionale in tanti regionali con forti ripercussioni sui finanziamenti e sull’adozione di norme che porterebbero quasi sicuramente a diseguaglianze e inefficienze». Nelle proposte che si stanno avanzando si pensa a rendere regionale la formazione dei medici, con facoltà e scuole di specializzazione regionali, con prevedibili rischi di difformità nella formazione dei futuri medici. Facile prevedere anche per l’istruzione un rischio di disgregazione, con programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento con regole territoriali e meccanismi di finanziamento differenziati, una possibile perdita del valore legate del diploma: lo stesso valore indipendentemente dalla scuola che l’ha rilasciato. Infine, qualora anche la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia fossero gestite direttamente dalle Regioni, di fronte ad una crisi energetica come quella che stiamo attraversando, con molta probabilità chi produce energia la distribuirà con priorità nella propria regione, magari lasciando senza energia interessi primari ma esterni ai confini regionali. Siamo sicuri di aver bisogno di questa riforma? Che fine faranno i principi di uguaglianza e solidarietà previsti nella Costituzione? Si rischia di distruggere molti diritti sociali che sono a garanzia dell’unità e dell’indivisibilità della Repubblica.

* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche

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