È celebre la frase di Gustav Mahler secondo cui la valorizzazione della tradizione implica la custodia del fuoco e non il culto delle ceneri. L’espressione rende in modo efficace la tensione fra il rispetto e la cura per le manifestazioni del passato e la necessità di non arrestare lo sviluppo della cultura. E’ un’espressione che mi torna spesso in mente leggendo i progetti di valorizzazione del patrimonio culturale del nostro paese. È noto che l’Italia ha la maggiore concentrazione di patrimonio storico, artistico e culturale rispetto allo spazio e alla popolazione. Le Marche non fanno eccezione e vantano anch’esse un patrimonio storico-artistico diffuso sul territorio e rilevante in tutti gli ambiti, dalla pittura all’architettura, dalla musica alle altre espressioni artistiche. Forse è proprio a causa dell’eccezionale ricchezza di questo patrimonio che la sua valorizzazione è quasi sempre pensata in termini di conservazione e fruizione, per lo più in chiave di attrazione di flussi turistici.
Si tratta sicuramente di una prospettiva importante ma che ha evidenti limiti come strategia di valorizzazione. Contare sull’incremento dei flussi turistici ha diverse controindicazioni sia per il notevole impatto ambientale associato a questi flussi sia per i limiti in termini di creazione di reddito e opportunità di lavoro. L’evidenza statistica segnala, infatti, che l’industria turistica è fra i settori dell’economia con le più basse remunerazioni medie e la più alta percentuale di lavoro precario e irregolare. Ben vengano quindi le azioni per incrementare i flussi turistici; le Marche hanno sicuramente potenzialità non sfruttate in questo ambito oltre il turismo balneare. Ma la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale non può essere pensata solo come rendita da quello che abbiamo ereditato dal passato.
A partire da quel patrimonio occorre dimostrare la capacità di creare nuovi contenuti, in sintonia con la domanda globale di cultura e intrattenimento, anch’essa in forte crescita. Nelle industrie culturali e creative abbiamo potenzialità non del tutto sfruttate che sono pari, se non maggiori rispetto a quelle presenti nell’industria turistica.
L’industria del cinema e dell’audiovisivo ha assunto dimensioni colossali a livello mondiale e con una domanda in continua crescita. È anche un’industria che comporta non solo creatività artistica ma anche una crescente sofisticazione nelle tecnologie di produzione e distribuzione; con conseguente impiego di professionalità elevate e utili connessioni in chiave innovativa con altri settori dell’economia. In un recente studio sull’industria del cinema e dell’audiovisivo nelle Marche, pubblicato come quaderno della rivista Economia Marche, sono state esaminate le caratteristiche del settore nella regione e delineate le sue potenzialità di sviluppo. Lo studio ha evidenziato la presenza di competenze rilevanti in questo settore nella regione ma anche un’elevata frammentazione dell’offerta e uno scarso coordinamento delle iniziative pubbliche e private. Il rilancio della film commission regionale e le diverse iniziative di sostegno alle produzioni cinematografiche recentemente annunciate possono costituire un’importante occasione per innescare un nuovo ciclo di sviluppo in questo settore. In Italia e nelle Marche ci sono i presupposti per essere protagonisti a livello globale nelle industrie culturali e creative, anche contando sull’immenso patrimonio storico artistico presente nei nostri territori. Se sapremo partire da quest’ultimo per immaginare e creare il nuovo e non solo per custodire il passato.
*Docente di Economia
alla Politecnica delle Marche
e coordinatore
Fondazione Merloni
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