Così Sanremo è il non-ritmo di un incubo lungo un anno

Così Sanremo è il non-ritmo di un incubo lungo un anno

di Giovanni Guidi Buffarini
4 Minuti di Lettura
Venerdì 5 Marzo 2021, 10:20 - Ultimo aggiornamento: 25 Marzo, 20:17

E siamo di nuovo in rosso, noi dell’anconetano, dopo un anno di non-vita pandemica. La curva del virus punta ripida in alto, il capoluogo riassume aria fantasmatica, l’umore si inabissa. Manco ho voglia di un film ‘sto mercoledì sera. O di un libro, o di niente. Mi piazzo sul divano, guarderò un po’ di Sanremo. Sanremo che quando mai, negli ultimi 30 anni, quando il virus era “del computer” o “ipotesi da fantascienza”? Giusto quella volta che al giornale mi chiesero un festivaliero pezzo, e accolsi la proposta col più ipocrita dei «certo che lo faccio, sarà un piacere». A ‘sto giro lo propongo io l’argomento. Quando hai voglia di nulla, meglio una roba di cui ti importa nulla. Il Festival della Rinascita l’hanno ribattezzato. Accendo che han già cominciato, si sta esibendo un ragazzo, una delle Nuove Proposte: si chiamano ancora così? Di quel che canta, chiedo scusa, mi importa nulla, amo altre musiche. Mi colpisce la scenografia spaziale. L’interno di un’astronave, lanciata verso un futuro che si intuisce radioso. Bei giochi di luce durante le esibizioni, innumerevoli led, e le telecamere compiono acrobazie, inquadrano l’interno dell’astronave e anche l’esterno. Il palco è enorme. Ha invaso la platea, tanto il pubblico non c’è. L’orchestra è divisa, gli archi di qua, i fiati di là. Il plexiglas separa corista da corista, senza mascherina, ovvio, mentre gli strumentisti tutti con. Mancano i fiori sul palcoscenico, e del resto uno sull’astronave mica imbarca vasi di peonie e gerani e chenesò. Le poltrone non eliminate per far posto alla scenografia sono occupate da palloncini con le faccine allegre spiritose disegnate. Non è che mettano tanta allegria ma era difficile far di meglio, dai. Agli applausi provvedono orchestrali e coristi. Probabilmente con rinforzo registrato, comunque discreto, scongiurato l’effetto sitcom. Amadeus annuncia: «Questa è l’edizione del Festival più commentata sui social». Scorro vari commenti. Non mancano quelli polemici. «Era proprio necessario farlo, questo Sanremo?». Sì, è stato giusto farlo, punto. Permette a un po’ di artisti, ai tecnici, alle maestranze di lavorare, dopo un anno di quasi nulla.

E agli spettatori di svagarsi un po’. Fra una canzone e l’altra, Fiorello prende le redini dello show, Amadeus nel ruolo di efficiente spalla. Qualche siparietto diverte, qualche altro meno, ma provateci voi a far spettacolo dal vivo senza pubblico. Non esiste spettacolo dal vivo senza pubblico. Non millanterò d’aver visto tutto. Se le canzoni poco ti dicono, è inevitabile cedere alla tentazione dello zapping, dei giri su e giù per il corridoio o attorno al tavolino, tipo criceto sulla ruota. Né sono arrivato in fondo alla serata interminabile. Annunciatissima, arriva Laura Pausini ed esegue il pezzo che le ha fruttato il Golden Globe, poi si lancia in una rivisitazione del classico dance “The Rhythm of the Night” accompagnata da Fiorello batteria umana mentre Amadeus fa il cubista imbranato: bel momento di spettacolo. Come l’esibizione, scatenata, molto teatrale con tanto di trasformista, de Lo Stato Sociale. I ragazzi penso abbiano azzeccato uno dei tormentoni dei prossimi mesi, della prossima estate. Quando l’Italia dovrà essere, tutta, più bianca del bianco, raccattateli ovunque ‘sti benedetti vaccini, restituiteci alla vita. Breve ma succosa l’intervista di Amadeus ad Alex Schwazer, incastrato per doping. «Chi ti ridarà gli anni che ti sono stati rubati?». «Nessuno. Guardo avanti». Elodie l’ho vista pochissimo e me ne dispiace, i suoi interventi saranno coincisi con le zappate o gli sgranchimenti criceti. Senza Morgan, Bugo urla con quanto fiato ha in gola, evoca Ringo Starr. Non lascia il palco ma neppure il segno. D’un punto, l’astronave incappa in una voragine temporale. Sullo schermo appaiono Gigliola Cinquetti, Marcella Bella e Fausto Leali. Altro che futuro, un salto all’indietro di decenni. Abbasso il volume, alzo la serranda, mi affaccio alla finestra. Qualche televisore rimanda le note sanremesi. Il resto è spettrale silenzio, non il rombo d’un motore, non il chiacchiericcio degli innamorati. Niente di niente di niente. Is this the rhythm of the night? È il non-ritmo di un incubo lungo un anno.

* opinionista e critico cinematografico


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