Quattro giovani donne per una giornata speciale

Quattro giovani donne per una giornata speciale

di Sauro Longhi
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Lunedì 8 Marzo 2021, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 19:21

Nella giornata internazionale dei diritti della donna, ho raccolto le testimonianze di quattro giovani donne: Valentina, Alessia, Lucia e Michela. 
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L’8 Marzo, la Festa delle Donne, ogni anno ci ricorda che la necessità non solo di celebrare, ma di dare voce e spazio alle Donne non deve limitarsi ad una sola giornata dedicata. Dare voce e spazio alle Donne per la conquista di libertà reali, diritti concreti e parità solide in ambito personale e professionale: diritto all’autodeterminazione e alla protezione dalla violenza di genere; diritto ad ogni aspirazione personale e a opportunità lavorative e retributive pari; libertà di reazione a idee di subalternità e penalizzazione di genere. Nel 2021 l’8 Marzo cade a ridosso di un tragico anniversario, quello dell’inizio del lockdown, in risposta alla pandemia di Covid-19. Dopo un anno, misure e modalità diverse regolano ancora le nostre vite private e professionali. “La pandemia ha schiacciato le donne”, ho letto. Secondo un’indagine Istat, nel mese di dicembre 2020, hanno perso il loro impiego 101mila lavoratori, di cui 99mila sono donne: il 98%. La pandemia ha determinato il ritorno, o forse la riemersione, di una struttura sociale che credevamo di aver superato, che vede le donne incaricate della cura di piccoli e anziani. Una struttura sociale in cui le donne lavorano meno, guadagnano meno e ricoprono incarichi meno importanti. Le chiamate ai centri antiviolenza tra marzo e aprile 2020 sono aumentate del 73%, rispetto al 2019. Il lockdown ha relegato le donne abusate con il proprio maltrattante, isolandole e sottraendole al diritto alla protezione dalla violenza. L’8 Marzo per questo non è una giornata unica. L’8 Marzo non è una festa. L’8 Marzo è rivendicazione e riscatto. Ed è necessario soprattutto nel 2021. 
Valentina
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“Glass ceiling”, espressione che delinea gli ostacoli di genere che le donne si trovano ad affrontare durante la carriera lavorativa. Dettati dalla cultura e dall’educazione, dai modelli a cui siamo esposti fin dall’infanzia, in contesti sociali radicati e difficili da debellare, questi ostacoli si presentano già nella scelta del corso di studio innalzando una serie di barriere che impediscono alle donne di intraprendere una carriera uguale a quella maschile, dal ruolo ricoperto al gender pay gap. Le soluzioni partono dall’eliminazione di alcuni stereotipi di genere come il pregiudizio che le donne siano più portate per le materie umanistiche e gli uomini per quelle scientifiche, o che le donne siano meno adatte alla leadership. Risulta fondamentale la creazione di un ambiente che garantisca alle donne il posto che meritano nella società, nella rappresentanza, nel mondo del lavoro. È necessaria un’inversione di rotta tramite informazione e sensibilizzazione: i giovani e le associazioni studentesche possono essere veicolo di cambiamento di questo assetto combattendo la cultura maschilista ancora radicata e aumentando la consapevolezza che indietro non si può tornare. L’Università, in tal senso, è strumento di diffusione della cultura e della responsabilità sociale: è necessario garantire la parità di genere andando contro ogni forma di disuguaglianza per perseguire l’idea di università libera, aperta, inclusiva e di qualità. La didattica e la formazione di più ampio respiro devono essere supportate in questa direzione dalla redazione del Bilancio di Genere, strumento identificativo per fornire azioni concrete all’interno dei singoli atenei, e dai Comitati Unici di Garanzia che possono parimente aiutare nell’obiettivo, dando una lettura di genere al panorama universitario.
Alessia
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Nella ricchezza di una attiva collaborazione interdisciplinare, esercito con dignità e soddisfazione la mia professione di ricercatrice in sistemi tecnologici e algoritmi di Intelligenza Artificiale per la riabilitazione di pazienti con malattie neurodegenerative. La mia gratitudine va alle battaglie e ai traguardi di tante donne prima di me. La mia esperienza di vita lavorativa, familiare, sociale e spirituale, mi ha insegnato (non che io abbia già imparato) la necessità e la bellezza del rispetto di tutti gli esseri umani, uomini e donne che siano, unite al rispetto del pianeta Terra e di tutti gli esseri viventi che ne fanno parte. La speranza è riposta in un’umanità che sappia riconoscere non solo il valore della donna, ma molto di più: il valore della vita. La storia della donna è stata, e purtroppo a mio avviso lo è ancora, la manifestazione di un’incapacità da parte del genere umano di saper riconoscere il valore dell’altro, la ricchezza della diversità, le infinite possibilità della vita oltre le nostre limitate visioni. Come donna mi auguro che da questa storia la nostra società possa apprendere che svilire, emarginare e privare della dignità qualsiasi essere umano è un sabotaggio all’umanità stessa e segno di profonda malvagità ed ignoranza, così come sopraffare esseri animali, vegetali e risorse naturali. 
Lucia
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Essere ingegnere nel 2021 è sentirsi orgogliosi e preziosi, un’occasione unica in un periodo storico così all’avanguardia. Non posso dire altrettanto dell’essere donna. Ma voi lo sapete quant’e pesante sentirsi ogni giorno sotto esame? Riuscite ad immedesimarvi almeno per una volta in una condizione di perenne svantaggio? Essere donna è un atto di coraggio ogni volta che un “buongiorno ingegnere” viene sostituito da un “ciao cara”, quando parcheggiamo male, quando cerchiamo più o meno brillantemente di organizzare la colazionepranzocenalavorofiglicompagnicarrierapalestra, quando preferiamo stare sul divano e non andare in palestra trasgredendo a stupidi stereotipi, quando decidiamo di fare carriera, quando camminiamo per strada da sole di notte, quando indossiamo una minigonna troppo corta, quando denunciamo, quando soffriamo e subiamo, quando piangiamo e ci battiamo per i nostri sogni e persino quando moriamo per atti di gelosia! La cultura e la storia sono a nostro svantaggio quindi si, le quote rosa, i diritti femminili e il nostro immenso impegno sono necessari perché se l’autore (uomo) de “Le donne al parlamento” avesse sbagliato il finale? 
Michela

* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Facoltà di Ingegneria, Università Politecnica
delle Marche


© RIPRODUZIONE RISERVATA

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