Una fabbrica di mascherine

Ricerca, sviluppo, innovazione: i beni essenziali fondamentali

di Sauro Longhi
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Lunedì 14 Febbraio 2022, 08:20

Due anni fa, con l’improvviso esplodere del Covid 19, scoprimmo che non avevamo più le mascherine chirurgiche, né tantomeno le Ffp2 di cui ignoravamo l’esistenza. Avevamo da tempo smesso queste produzioni per lasciarle ai paesi dell’estremo oriente, Cina in particolare, dove costava e ancora costa meno produrle.

Vi ricordate la paura e le difficoltà nel muoversi durante il lockdown? Iniziammo a scaricare da Internet le istruzioni per fabbricarle in casa, i nostri imprenditori del settore moda, utilizzando i propri tessuti, trasformarono le proprie produzioni per confezionare mascherine, non avevano la certificazione ma funzionavano. C’è voluta la pandemia per farci comprendere quanto sia importante mantenere le produzioni di beni essenziali e quando sia pericolosa la delocalizzazione produttiva guidata dalla sola riduzione dei costi.

Con la conseguente ripresa economica trainata dalle transizioni ambientali e digitali ci siamo resi conto che ci mancano anche i chip. Ci mancano quei dispositivi elettronici a semiconduttori, con cui costruire computer, cellulari, reti di raccolta e trasmissioni dati, sistemi cloud, tutti necessari per digitalizzare i sistemi produttivi nel paradigma di Industria 4.0, i sistemi di mobilità, auto ibride o elettriche con decine/centinaia di microcontrollori elettronici per muoversi.

I “wafer” di semiconduttori necessari per costruire i diversi chip vengono prodotti prevalentemente nelle fonderie di Taiwan e della Corea del Sud, una concentrazione che non ha eguali in altre produzioni. I chip necessari per realizzare le tante trasformazioni digitali spinte anche dal Pnrr sono difficili da produrre, non si può improvvisare, occorrono sofisticate tecnologie, investimenti e conoscenze di altissimo livello.

Bene ha fatto la Presidente Ursula von der Leyen ad avviare il progetto Chips Act della Commissione Europea per il rilancio della produzione di chip elettronici in Europa, da raddoppiare entro il 2030, passando dal 9% al 20%. Finalmente una chiara strategia industriale per l’Europa, i semiconduttori sono come l’acciaio del primo dopoguerra, le fonderie di silicio sono fondamentali per costruire un futuro sostenibile, le transizioni necessarie si potranno attuare solo disponendo di adeguate tecnologie digitali.

È il più ampio programma di sviluppo della Commissione concesso ad un singolo settore industriale e punta a rafforzare la nostra resilienza per affrontare crisi future.

Dei 50 miliardi di euro previsti, 11 andranno a rafforzare la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione in questo settore. Vi sono all’orizzonte prospettive per nuovi calcolatori quantistici con capacità di calcolo inimmaginabili se paragonate a quelle dei più potenti calcolatori di oggi.

Prospettive in cui la robotica e l’intelligenza artificiale contribuiranno a migliorare le condizioni di vita, con un equo utilizzo delle risorse ambientali e una graduale riduzione delle tante diseguaglianze, grazie ad una ricerca libera ed indipendente che accompagnerà lo sviluppo produttivo. Con le linee definite nel Pnrr la ricerca si focalizzerà ancora di più su queste linee, il sistema dell’Università e degli Enti di ricerca è attivo da tempo su queste tematiche, ora il Paese dovrà cogliere questa opportunità per rilanciare anche la produzione.

Abbiamo piccoli centri produttivi in Abruzzo e in Sicilia, caratterizzati da un’alta specializzazione, a cui ne andrebbero affiancati altri. Nel passato sono stati commessi gravi errori, come l’aver smobilitato tutte le industrie elettroniche nel settore delle telecomunicazioni, oggi ancora più strategico che nel passato. Va colta l’opportunità offerta dall’Europa.

Potrebbe essere una opportunità anche per le Marche, esistono territori, ad esempio a sud di Ancona, che hanno saputo gestire le crisi trasformandosi, mostrando resilienza e capacità di gestione delle transizioni tecnologiche e creando nuove specializzazioni.

Un sistema Universitario ricco e interconnesso con reti internazionali di ricerca che potrebbero favorire lo sviluppo di queste tecnologie anche nelle Marche. Resta da individuare chi avrà il coraggio e le competenze per disegnare questo futuro sostenibile.

* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione. Facoltà di Ingegneria dell'Università Politecnica delle Marche

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