L'intelligenza artificiale condiziona il nostro agire

I rischi delle molte scelte individuali e la soluzione dei sistemi informatici

di Rossano Buccioni
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Martedì 5 Ottobre 2021, 10:30

Le provocazioni distopiche di molti osservatori possono essere facilmente ricomprese nel Dna della società complessa che fonda il suo statuto su dinamiche altamente paradossali. L’orizzontalità delle relazioni inter-individuali e delle dinamiche gruppali determina una conseguente reticolarità dei contesti dell’agire e dell’esperire: all’agire di alter corrisponde un esperire di ego e questa logica si moltiplicherà all’infinito seguendo le traiettorie dell’intensificazione quali/quantitativa delle relazioni.

L’azione razionale guidata da uno scopo sarà però ampiamente riassorbita dalle logiche globali di sfondo che assommano tutte le esternalità dell’agire e le dinamiche contro-intuitive dell’esperire, instaurando derive paradossali che storicamente i sistemi sociali hanno sempre limitato facendo riferimento a realtà extra-mondani (Dio, il bene, il vero, il Fato, ecc.).

Mutando la natura dell’integrazione del sistema sociale che da “telico” (orientato a fini ultimi) diventa funzionale (ispirato da logiche strumentali di corto raggio), non si comprende come il paradosso conseguente all’incremento della complessità socio-strutturale possa essere affrontato e risolto proprio all’interno dei quadri operativi che lo determinano.

Due esempi per illustrare il potere di blocco dell’azione e del pensiero in condizioni sociali paradossali: la c.d.“società del controllo”, conseguente al massiccio sviluppo degli strumenti di comunicazione - scaturiti dal matrimonio di elettronica ed informatica - e la “società dell’ignoranza”, effetto determinatosi nell’universalità del diritto all’istruzione che produce un inquietante analfabetismo di ritorno.

Il bioeticista Paolo Benanti ha recentemente dato fuoco alle polveri argomentando il dislivello prometeico che l’età della tecnica determina a danno della condizione umana: «Un articolo pubblicato dal settimanale Time suscitò scalpore nell’opinione pubblica. Time è il settimanale statunitense che dedica la prima copertina di ogni nuova annata alla persona più influente dell’anno appena trascorso. Nel 1983 il settimanale indicava così le qualità che contraddistinguono il candidato alla vittoria: è giovane, affidabile, silenzioso, pulito, bravo con i numeri ed intratterrà i bambini senza un lamento. Time non si riferiva però a un essere umano ma ad un computer».

Diversi anni prima era stato il giurista Stefano Rodotà a commentare la scelta di Time rinnovando l’obbligo fondativo di ogni civiltà giuridica di tutelare l’umano che entrava in contatto con la macchina dai rischi di inconsapevole assorbimento. Le condizioni dell’orizzontalità democratica che fanno da sfondo al nostro inserimento nei sistemi sociali, si consegnano alla rete come realtà che sostituisce all’integrazione centro/periferia (o alto/basso) quella connotata da poteri diffusi, dalla crescita della contingenza e dal totale scioglimento dei vincoli ascrittivi.

In questa prodigiosa accelerazione del rapporto tra razionalizzazione e contingenza l’intelligenza artificiale che continua a discostarci dalla realtà, non può non discostarci da noi stessi, cioè da quella rete di relazioni che noi riteniamo fondamentale per una coerente edificazione del sé.

Ecco la sintesi oscena tra progresso e disagio diffuso. Per poter ridurre la complessità sociale abbiamo scelto l’intelligenza artificiale, ignorando che ad ogni riduzione di complessità in un’area specifica del sistema sociale, corrisponderà un incremento di complessità in un’altra area sensibile.

Esempio: riduciamo i tempi degli adempimenti amministrativi o delle code agli sportelli? Ci consegneremo alle logiche del controllo digitale sulle nostre esistenze dato che la logica che determina un indubbio incremento delle prestazioni dei sistemi erogatori di servizi è la stessa che finisce per contrarre il diritto di comunicazione e la privacy dei cittadini. In altri termini, se riduco i rischi derivanti dal compiere molte scelte individuali delegandole ai sistemi informatici, il risultato sarà un incremento delle incertezze in altre sfere dell’esperienza umana, con una sostanziale messa in latenza dei problemi, dentro un loro apparente superamento definitivo.

Inoltre, l’impronta tecnologica delle nostre società per concretizzarsi deve poter leggere l’umano esclusivamente dal lato delle sue competenze sociali perché l’individuo non può esser costruito come soggetto deliberante e “irritante” le logiche di sistema. Il vecchio soggetto umano, quello che sessant’anni anni fa Gunther Anders definiva “antiquato”, viene rimpiazzato da un profilo di micro-comportamenti che i big data raccolgono prontamente determinando modelli facilmente identificabili, ispirati da modelli di efficacia statistica centrati sull’esclusione di tutti quegli elementi della nostra vita che non rientrano nella logica lineare tipica del pensiero che calcola.

Qualcuno crede che la scuola sia ancora un luogo di umanizzazione, dove potersi interrogare su questioni di fondo come quelle sollevate dai processi di digitalizzazione. Non è così. Lo storico della politica Fabrizio Tonello sostiene che “ ormai le persone tendono a valutare la rilevanza dei problemi in base alla facilità con cui vengono alla mente e ciò è largamente determinato dalla copertura mediatica”. Gli effetti a medio-lungo termine dell’allevamento mediatico uccidono il senso critico e mutano la scuola in luogo di banale amministrazione di un diritto completamente svuotato dall’estrema complessificazione delle condizioni sociali in cui poi dovrebbe essere esercitato. Ispirandosi possibilmente a modelli umani nel frattempo ampiamente dissolti dal cinismo e dalla rassegnazione.

Sociologo della devianza e del mutamento sociale

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