Siamo tornati su Marte, il pianeta rosso, alla ricerca dei marziani. Che sia di augurio per tempi migliori? Questa settimana con l’insediamento del nuovo governo, questa notizia è passata in secondo piano. È un evento di quelli che possono cambiare la nostra prospettiva di futuro anche se molto remota e che forse non vivremo, ma da cercare sempre. Con le dovute proporzioni, può ricordarci il viaggio di Cristoforo Colombo, che partito per trovare le Indie, incontrò l’America. Il viaggio interplanetario di quasi sette mesi si è concluso il 18 febbraio con l’atterraggio del robot mobile Perseverance su Marte. Negli stessi minuti in cui il prof. Draghi otteneva la fiducia alla Camera dei Deputati. Un robot che inizierà a vagare per quel pianeta alla ricerca di tracce di vita. Lo farà con il meglio della tecnologia che si è portato dietro, droni, telecamere, sensori e sonde per esplorare in lungo e in largo il pianeta e lo farà inviandoci immagini, misure, “sensazioni” di un posto in cui nessun umano ha mai messo piede, forse. Le tecnologie inviate su Marte sono le stesse dell’agricoltura di precisione, un po’ più sofisticate e costose, ma sono quelle che permettono di gestire e controllare con droni le nostre coltivazioni di qualità, ad esempio le vigne, per ridurre anticrittogamici e fertilizzanti rendendo più sostenibili ed ecologiche le produzioni. Le esplorazioni interplanetarie e le tecnologie utilizzate avranno tante implicazioni nel nostro pianeta e non solo su Marte. Potrebbe apparire poco sensato cercare tracce di vita in un pianeta così lontano e freddo, quando nel pianeta in cui viviamo non riusciamo ancora a sconfiggere una pandemia e le tante diseguaglianze economiche e sociali presenti e contrastare i cambiamenti climatici. Eppure, abbiamo il bisogno di scoprire, esplorare, conoscere e comprendere. Con perseveranza dobbiamo continuare ad esplorare l’universo in cui viviamo, per avvicinarci al mistero della vita. Altrettanta perseveranza deve mostrare il Presidente Draghi se vuol portare a compimento il progetto che ci ha presentato, o almeno le due principali azioni: vaccinare tutti e investire bene i 209 miliardi che il precedente governo è riuscito ad ottenere dall’Europa e necessari per ridurre le tante diseguaglianze indotte dalla pandemia. Il problema delle vaccinazioni non è semplice, per la mancanza di dosi: non esiste al momento una capacità produttiva nel mondo per vaccinare tutti. Qui occorrerebbe la stessa determinazione che ci ha portato su Marte per produrre non milioni ma miliardi di dosi. La copertura vaccinale deve essere per tutta l’umanità in tutti i continenti. Seguiamo l’invito di Papa Francesco, affinchè «il vaccino anti Covid sia dato a tutti» evitando di chiudersi nei nazionalismi e nell’individualismo, perché oltre che umanamente sbagliato è anche controproducente. Fintanto che il virus si propaga attraverso i contagi, muta la sua natura e anche le persone vaccinate rischiano di ammalarsi ancora. Lo stiamo sperimentando con le tante varianti che si stanno diffondendo, da quelle provenienti dal Sudafrica e dal Brasile alla vicina Inghilterra, per citare solo quelle conosciute.
*Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche