Stiamo entrando nell’era dei nonni. È appena stato pubblicato un interessante articolo su The Economist, che fotografa il ruolo dei nonni nel mondo, dal Senegal alla Cina, dalla Svezia al Messico. Oggi ci sono 1,5 miliardi di nonni a fronte di una popolazione che ha raggiunto gli 8 miliardi. Le proiezioni demografiche prevedono nel 2050 quasi 2,1 miliardi di nonni, che costituiranno il 22% dell’intera popolazione che si stima arriverà a 9,7 miliardi. L’aumento della popolazione globale è causato in parte anche dall’incremento dell’aspettativa di vita: grazie ai progressi della medicina viviamo più a lungo, questo fa si che il pianeta sia sempre più popolato da persone anziane. Nel 2050 ci saranno più nonni che bambini. Quest’anno l’India con oltre 1,4 miliardi, supererà la Cina che in questo secolo dimezzerà i propri abitanti arrivando a poco più di 770 milioni. Vedremo andamenti demografici simili nei paesi più ricchi, compresa l’Italia, con popolazioni in costante diminuzione e solo in parte compensate dai flussi migratori che partono dai paesi più poveri con famiglie alla ricerca di condizioni economiche, sociali e climatiche migliori. Al porto di Ancona la scorsa settimana sono sbarcati più di 100 profughi scappati dall’Africa proprio alla ricerca di condizioni di vita migliori, in una avventura, l’attraversamento del Mediterraneo, che almeno per loro non si è conclusa drammaticamente, anche se costretti ad un inutile peregrinare lungo l’Adriatico. Sempre nella settimana scorsa, anche su questo giornale, si è discusso e commentato del calo demografico che si continua a registrare nelle Marche e che porterà ad avere una popolazione di poco più di 1,4 milioni nel 2050, con un calo di quasi il 10%, in linea con quando sta accadendo in Italia e nella maggior parte dei paesi sviluppati. Con la riduzione della popolazione si rischia una riduzione della ricchezza prodotta ma soprattutto un impoverimento sociale e culturale. Sul lato economico-produttivo, con le transizioni digitali ed ecologiche e adeguati investimenti che puntano all’innovazione e alla produttività, le perdite si potranno contenere anzi, nell’immediato, si potrà arrivare anche ad una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, mantenendo lo stesso Pil con meno persone al lavoro.
* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche