Quando la cattedra è il simbolo di due mondi non comunicanti

Quando la cattedra è il simbolo di due mondi non comunicanti

di Rossano Buccioni
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Martedì 31 Gennaio 2023, 01:50

Saranno sospesi gli alunni, tutti minorenni, direttamente coinvolti nella vicenda dell’insegnante colpita in classe da alcuni pallini sparati con una pistola ad aria compressa all’Istituto tecnico industriale Viola Marchesini di Rovigo. Ovviamente la scena è stata ripresa con uno smartphone ed il video è stato diffuso in rete. La dirigente scolastica dell’Istituto in questione ha informato che i fatti si sono svolti in una classe prima, riguardanti alunni che non provengono da famiglie disagiate e da poco usciti dalla scuola secondaria di primo grado.

La tendenziale patologizzazione dei vissuti giovanili si determina all’interno della progressiva medicalizzazione della vita quotidiana e della scarsa trasmissibilità di tradizionali modelli formativi, resa improbabile dalla forte accelerazione sociale che depotenzia la saggezza ed elegge l’informazione a musa ispiratrice dei corsi di vita. La costante ridefinizione degli orizzonti esistenziali fa si che l’auto-colpevolizzazione degli insuccessi a carico del singolo individuo metta in moto una spasmodica ricerca di soluzioni biografico-personali alle contraddizioni sistemiche (di per sé difficilmente componibili all’interno di un progetto di vita in perenne rimaneggiamento). Si giunge così alla singolare evidenza di una società che non è in crisi perché costringe le persone a vivere un disagio come cifra dell’impossibilità di godere del criterio del “giusto mezzo” (ciò che è valido per il tutto diventa significativo anche per le singole parti), ma di una società che, accrescendo la sua differenziazione, non può che esistere in quanto crisi del rapporto co-costitutivo con gli esseri umani.

Tutto ciò i giovani lo comprendono fin troppo bene, esprimendo pienamente la prospettiva con cui oggi si tende a leggere le coordinate del rapporto individuo/società, vale a dire quella che fa ricorso anche a diagnosi mediche per giustificare perfomance carenti. Nella mente dei ragazzi di Rovigo, il contesto scolastico doveva procurare, anche se in modalità slow, una buona preparazione per la velocità del tempo presente, con il rispetto della funzione docente da esprimere nei modi di un riconoscimento della mediazione adulta nell’inevitabile contatto con il reale. Tutti questi meccanismi della mediazione educativa sono saltati. Anche i “primi della classe” lo sono a modo loro e per un mondo che non è più quello del docente, accettando di mantenersi in un perimetro linguistico quotidiano dove il professore impartisce insegnamenti segnati dalla pesante incongruenza tra modelli di essere umano proposti ed attese di comportamento già ampiamente anticipate dalla società additiva nell’immaginario prestazionale dell’adolescente.

Dunque, nella casse dell’Istituto Marchesini esplodeva un disagio di qualità ed intensità inedite, oppure era chiamata direttamente in causa l’inessenzialità dell’offerta formativa adulta rivolta ai giovani? Per affrontare il rapporto tra disagio psichico e relazioni sociali sarebbe utile rifarsi agli studi sulla personalità collettiva - oggi largamente in crisi come le retoriche scolastiche sulla socializzazione - che prefigurarono l’alleanza tra psicanalisi e sociologia nello studio delle costanti oscillazioni umane tra “normale” e “patologico”.

Non dovremmo dimenticare che il passaggio dalla costruzione edipica alla “vita d’artista”, produsse la mutazione del narcisismo patologico in un potente concetto sociologico, utilizzato da autori seriamente preoccupati dei costi personali che il cambiamento sociale imponeva agli individui in condizioni di crescente differenziazione funzionale. Da tempo si opera una paziente associazione tra studi clinici – sul disagio, la devianza e la marginalità giovanile - e tradizionali analisi sociali per comprendere il senso dei nuovi disagi, individuando eventuali, quanto inedite, emergenze psico-sociali. I forti disagi di persone giovani appartenenti a strati sociali agiati mandano in crisi antichi assetti metodologici centrati sul deficit di risorse simboliche, affettive e di ruolo, facendo terra bruciata intorno alla funzione educativa di famiglia e scuola. I modelli adulti non ricevono nessun investimento egoico capace di attivare interiorizzazione.

Ne è prezioso testimone lo psichiatra francese Alain Ehrenberg che, adottando un approccio antropologico di tipo comparativo, dimostra la natura sovente contro-intuitiva del disagio contemporaneo con le sue lente fasi di incubazione capaci di ottenere perentorie conferme socio-strutturali. Il rapporto tra individualismo, autonomia e sofferenza psichica deriva dall’angoscia nei confronti dell’implosione degli ideali sociali del telic system, spostando su livelli sconosciuti del rapporto individuo/società i problemi relativi al non sentirsi all’altezza di quello che ci viene richiesto. Le dimensioni sociali dello psichismo umano chiamano in causa la svolta personale dell’individualismo. La trasformazione del sistema psichico, conseguente al passaggio dalla società disciplinare a quella della prestazione, fa si che all’eclissi del modello disciplinare di gestione delle condotte – centrato sulle regole di autorità e di normazione conformizzante – corrisponda l’imposizione di norme che esaltano l’iniziativa individuale, sollecitando la persona ad un costante e snervate investimento sul sé. Un numero crescente di giovani, presi nella morsa dilemmatica tra cosa gli è permesso fare e cosa saranno realmente in grado di ottenere, rispediscono al mittente ogni strategia di socializzazione, con vissuti autolesivi, di violenza e di palese cedimento alle sinfonie della dipendenza. Molti docenti sono il primo bersaglio di questa novità assoluta all’interno di dinamiche intergenerazionali largamente fuori controllo.

*Sociologo della devianza e del mutamento sociale

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