Una villetta di Macerata custodiva i cadaveri di una coppia di anziani e del figlio, morti da mesi nella solitudine e nell’indifferenza. Nessuno si era accorto del terribile mutarsi della quiete privata in trappola mortale. L’insanguinato vessillo della sorte giganteggiava da mesi sulla solitudine cementata nella sventura insinuatasi nelle tre biografie che apparentemente godevano di una riservatezza fattasi tomba e di una decoro travolto dalla reciproca impossibilità di recarsi soccorso. La tragedia di chi, prima di chiudere gli occhi ha probabilmente dovuto sopportare l’agonia di un congiunto, sperando solo nella brevità della propria. La devastazione di una morte irrituale e nascosta, implacabile e discreta, insinuata nell’incastro sociale fatto per dare vita e relazione e tragicamente mutatosi nella ghigliottina della separatezza. Il poeta Davide Rondoni scriveva che “ se per troppe ore non ho notizie dei miei cari mi preoccupo. Se io sono qualcuno è grazie all’amore che ho per loro e loro per me”. Se nessuno ti cerca il tempo diviene lento: è il tempo della morte contro quello della vita scandito dall’empatia e dalla condivisione, dall’amore che rende vivi gli occhi di qualcuno su di te o della presenza di Dio, a lungo espressa nell’invocazione “che Dio ti guardi!” Se nessuno mi guarda io non mi constato nella dimensione della presenza ed il respiro della mia vita si fa corto perchè non si apre alla possibile ridefinizione di me. In quella villetta di Macerata lo sguardo intra-familiare si è curvato su di se in un lento trapassare dall’empatia più pura ad un intreccio mortale che l’isolamento ha lentamente mutato in asfissia della pietà. La scontata familiarità prossimale è precipitata nella constatazione drammatica del bisogno soverchiante e le poche energie residuavano a fronte dell’enormità del destino che lentamente le spegneva negli occhi dei tre sventurati. Si tratta di tre persone che la società della velocizzazione e delle tecno-relazioni ha mutato in dei nessuno, sottrattisi lentamente dallo sguardo degli altri dato che siamo “qualcuno” non per i soldi o il potere, ma solo perché entriamo nello sguardo di un altro che, non vedendoti, comprende la mancanza che incarni. Se vivi per qualcuno, se rendi viva la fiamma dell’empatia, il tempo si mantiene pieno, nella ricercata corrispondenza di dimensione psichica e realtà sociale. Nel tragico caso in oggetto, non sembra nemmeno aleggiare il sospetto che senza una qualsiasi notizia di me per tre mesi, comunque qualcuno dei miei amici o conoscenti mi avrebbe tolto dal silenzio venendomi a cercare, come se i tre fossero stati travolti da una condizione che, più o meno inconsapevolmente da tempo contribuivano a determinare, nel decreto inappellabile della sorte che sanzionava la morte dei più prossimi alle tre vittime. Si trattava di persone per le quali il potere dell’algoritmo mostrava assoluta indifferenza e difficilmente potevano avere quella specie di foto segnaletica a cui si arriva combinando le informazioni derivanti dalla nostra navigazione online e dalle informazioni che docilmente offriamo, declinando i nostri gusti, le nostre preferenze ed i nostri stili di vita.
*Sociologo della devianza e del mutamento sociale