La pandemia ci costringe ogni giorno a fare i conti con le nostre fragilità, la cui consapevolezza - sovente rimossa dalla civiltà della tecnica - ci deriva dal saperci mortali. Le drammatiche conseguenze di tale rimozione emergono anche dalla serie tv sulla Comunità di San Patrignano che ha rinnovato l’interesse per due questioni: l’espandersi della “società additiva” e la specificità del modello comunitario di esistenza che, in quel tipo di società, riesce spesso a recuperare l’individuo. Recuperare a che cosa, alle dinamiche che hanno determinato il suo dramma, oppure ad una dimensione di vita autentica, dato che la comunità impedisce il completo assorbimento della vita umana nella “trama sociale”, impedendo all’individuo di uscire da sé stesso, frammentato in corpo, coscienza ed una serie di comportamenti esplicitamente pretesi dalle sirene d’Ulisse della socializzazione? San Patrignano ha dimostrato la possibilità di costruire l’individuo in modo diverso dalla forma-persona stabilita dalla società. Tutto ciò dà fastidio ancora oggi e le critiche che ancor oggi accompagnano la vita e l’operato di Vincenzo Muccioli, vanno sempre interpretate alla luce di questo quadro di riferimento. Il recupero del tossicodipendente transita anche per quello che è stato definito “effetto città”, da non intendere come riacquisizione di un dimensionamento del sé tarato su competenze esterne, ma come riappropriazione di una auto-appartenenza che mitiga le fragilità del mancato processo di individuazione. Lo psichiatra Massimo Biondi, discutendo degli effetti del distanziamento sociale sulle persone fragili, ha sostenuto la necessita di tenere allenata la loro “intelligenza sociale” che può essere definita come una elevata capacità di agire in situazioni che implicano scambi relazionali tra persone ispirati dal rapido inserimento dell’altro in uno specifico sistema di aspettative di comportamento. Si tratta di un processo più rapido dello stesso pensiero razionale e, nella maggior parte dei casi, avviene al di fuori della consapevolezza di chi lo attua. Se il termine “intelligenza” fa pensare a qualcosa di innato, in realtà le sue varie forme esprimono il risultato dell’interazione tra caratteri biologici e struttura sociale, data l’importanza dell’ambiente socio-culturale in cui si costruisce la storia di un individuo. Nel passaggio dalla comunità alla società (F. Tonnies), cambia l’essenza dell’individuo. L’età moderna costruisce individui particolari, diversi da quelli creati precedentemente, come nel caso di quello impostosi con l’economia mercantile e la libera autodeterminazione dell’io. Per questa nuova forma di individuo, la proprietà non sarà solo un “pro privo” - rivendicare beni a titolo privato - ma sarà anche un “proprius” nel senso di essere/vivere in proprio, sperimentando la separatezza dall’altro. L’individuo diventa un costrutto sociale e dal suo orizzonte di individualità deriverà la “persona”, che permetterà all’individuo di distinguersi da ciò che è collettivo e dagli altri individui.
*Sociologo della devianza e del mutamento sociale