Gravemente defedati e con il casco dell’ossigeno, ma sempre determinati nel negare ad oltranza le evidenze pandemiche, senza risparmiare agli stessi operatori sanitari sdegnate occhiatacce: questa la giornata in ospedale di diversi pazienti “no vax” ricoverati per Covid. La polarizzazione pandemica delle opinioni e delle rappresentazioni della realtà emergenziale ci confronta ogni giorno con la sconcertante geografia del dissenso, all’interno di una trincea interpretativa che legge l’accettazione della visione mainstream come rinuncia forzata ad una dimensione espressiva di sé. La polarizzazione tra favorevoli e contrari alla vaccinazione svela la più ampia dimensione del conflitto sociale che riguarda interessi, identità e valori. Se i conflitti relativi allo scontro tra interessi opposti sono negoziabili, con la mediazione che giocherà un ruolo strategico, in presenza di un conflitto identitario i valori in gioco risulteranno difficilmente negoziabili, specialmente in contesti biografici marcatamente flessibili. Il passaggio da una società stratificata ad una funzionale ha delle ripercussioni sulla formazione del sistema di personalità dato che l’identità si potrà definire sempre meno in termini di logiche psico-sociali in quanto il sistema sociale ed il sistema psichico risultano sempre meno co-costitutivi. La riproposizione in chiave sanitaria della dicotomia Guelfi/Ghibellini, dovrebbe spingerci a comprendere meglio la peculiarità dei conflitti di valore rispetto agli altri nell’attuale cultura di massa, dato che non è semplice distinguere gli interessi e le identità dal campo dei valori, muovendo dalle modalità con cui i diversi soggetti del conflitto costruiscono le loro istanze e si rappresentano quelle altrui. La polarizzazione testimonia che l’interesse particolare ed egoistico è sentito con una forza imperiosa e travolgente quale è propriamente quella riservata al valore (che per lo schieramento opposto sarà disvalore). L’identità personale o collettiva debole si lega, spesso in modo indissolubile, a valori con cui solidifichiamo il nostro stesso essere. Il rapporto di reciproca implicazione tra individuo e società, risultava possibile in epoche in cui si registrava una relazione organica tra l’individuo, la cultura ed il sistema sociale. In tali contesti storici l’individuo entra a far parte della società perché ne interiorizzava i modelli culturali ed i ruoli propri di percorsi di senso specifici. Al contrario, la separazione netta tra tempi interni (psichici) e tempi esterni (sociali) fa si che, a fronte di una enorme offerta identitaria, le strategie di identificazione siano deboli e reversibili. In tal senso, posizioni pesantemente dicotomiche affondano le loro radici nel bisogno di un riconoscimento della persona concreta che vuole essere legittimata nella propria particolarità, uscendo “dall’anonimato dell’indistinta eguaglianza” (F.
*Sociologo della devianza e del mutamento sociale