Un papà siriano di nome Abdullah Al-Mohammad tramutò l’orrore della guerra in un gioco per distrarre dal frastuono delle bombe la figlioletta Selma di quattro anni. Su Twitter si vedono il papà e la sua bambina scoppiare a ridere subito dopo l’esplosione di un ordigno che avrebbe potuto ucciderli. L’uomo faceva credere alla bimba che si trattava di armi finte e che chi sparava lo faceva solo per gioco. Sulle città ucraine cadono gli stessi missili, con molti papà coraggiosi che hanno imbracciato le armi, mentre hanno usato quelle dell’arte la violinista Vera Lytovchenko - che abbiamo visto suonare nel rifugio di Kharkiv - e la pianista Irina Maniukina, che accarezza un’ultima volta la tastiera prima di scappare dalla sua casa a sud di Kiev. Le tragedie del tempo presente fanno evaporare il senso del tragico che si muta in una sintesi di incomprensibilità ed innominabilità. I conflitti della tradizione mitologica appaiono oramai del tutto secolarizzati, esprimendo unicamente “un rifiuto intramondano del mondo” (M. Weber). L’incommensurabile è decostruito e nessuna legge trascendente appare inaccessibile alle rappresentazioni banalizzanti degli uomini. L’incomprensibile si è tramutato in un “innominabile attuale” (R. Calasso) che fa ricadere sugli esseri umani il peso di una condizione paradossale, dove le categorie interpretative del reale diventano i primi limiti alla sua possibile emendazione. Il tragico diventa aspra ingiustificabilità, dissolvendosi nella terribile contingenza di molteplici casi individuali, spesso capaci di mantenere una sorta di “doppio parodico” (G. Celati) come riserva di pensiero ed emozione, vero corridoio umanitario nell’asfissia bellica del senso. La stessa origine dell’umorismo risiede in una minaccia, di fronte alla quale si elabora una strategia che conduce ad accettare ciò che non può essere mutato. La liberazione umoristica serve quindi ad accettare e dominare il dolore. Il riso gioioso della bambina sotto le bombe trionfa dimostrando che anche nel nonsenso c’è un senso, che emerge nel momento stesso in cui ci prospetta una prospettiva di liberazione. L’umorismo muove all’ilarità nonostante ogni nonsenso che costringe e terrorizza, nella certezza che la libertà alla fine prevale e gli ostacoli si rivelano ridicoli. Molti criteri di intellegibilità adatti a rappresentare la successione critica che stiamo attraversando, cedono di fronte alla ingiustificabilità della situazione, alla sua incomprensibilità ed alla necessità di dover vivere malgrado tutto, necessitando di meccanismi di elaborazione dell’angoscioso quadro psicotico imposto dalla sospensione bellica di ogni punto di riferimento sociale. Nella difficile parodia della tragedia del papà siriano, l’umorismo si esprime come sopravvivenza della capacità di percepire e rappresentare gli aspetti più curiosi ed incongruenti di una realtà altrimenti consegnata all’orrore senza uscita.
*Sociologo della devianza e del mutamento sociale