L’Adriatico soffre la pesca. Nessuno così nel mondo

L’Adriatico soffre la pesca. Nessuno così nel mondo

di Roberto Danovaro
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Giovedì 12 Marzo 2020, 18:31
Bolsonaro, presidente del Brasile, ha deciso di tagliare una parte della foresta amazzonica per farne campi coltivati. Ovviamente, i coltivatori sono contenti, ma il più grande polmone del pianeta sta scomparendo. Alcuni anni fa, in Italia, i pastori, per far mangiare erba fresca alle loro greggi, davano fuoco ai boschi. Erano contenti, perché così poteva crescere molta erba tenera e il latte delle pecore era più buono. Era un bel vantaggio per loro. Ma il paesaggio era devastato da boschi bruciati. Per fortuna una legge ha decretato pene severe per gli incendiari e l’impossibilità pascolare sui terreni bruciati, ponendo fine alla questione. Le pecore ci sono ancora, e così pure il latte e i formaggi, e i boschi stanno recuperando. In Adriatico sta succedendo quello che accadeva in Liguria alcuni decenni fa. Un articolo pubblicato recentemente sulla prestigiosa rivista scientifica americana Proceedings of the National Academy of Science of the United States, ha dimostrato che l’Adriatico è il mare con il maggiore impatto della pesca al mondo. In questo studio globale, i ricercatori hanno dimostrato che l’area strascicata dalla pesca varia da mare a mare. Nell’Adriatico l’80% del fondale marino è oggetto di pesca intensiva. Giusto per fare un confronto, il Tirreno o il mare del Nord sono impattati per la metà, il mare Egeo per un terzo, i mari australiani per un decimo. Non solo, lo studio riporta che l’impatto dovuto all’uso delle draghe idrauliche è almeno doppio di quello provocato dalla comune pesca a strascico, già di per sé essere molto dannoso. Sulle colonne di questo giornale ho avviato il dibattito sulla necessità di rendere eco-sostenibile la pesca in Adriatico. Ma questo viene negato dalle associazioni di pescatori come Alleanza Pesca. Sappiamo tutti che le associazioni di pescatori hanno i loro interessi, ma la verità è che questo modo di sfruttare l’ambiente non è sostenibile e, negando l’impatto, non ci sarà futuro per la pesca e per il mare. Bisogna convincerci che esiste un modo diverso di utilizzare le risorse marine. Quando l’ho chiesto ad Alleanza Pesca se volessero studiare gratuitamente l’impatto dei loro attrezzi, hanno risposto: «No grazie». Perché? Se fosse vero che la pesca con le turbosoffianti è eco-sostenibile perché non accettare uno studio scientifico fatto proprio per provarlo? Inoltre, i dati sulla sostenibilità, ai quali si riferisce Alleanza Pesca non sono disponibili nonostante siano stati richiesti anche da altri ricercatori. Il Project Manager della Marine Stewardship Council, che ha fatto la certificazione all’Organizzazione di Produttori “Bivalvia Veneto” non ha mai detto che la pesca con le vongolare è sostenibile ma ha dato indicazioni per promuoverne la sostenibilità: ovvero dice cosa deve essere fatto per minimizzare gli impatti. I colleghi del Cnr hanno scritto che la pesca alle vongole va benone e le popolazioni sono ancora abbondanti, ma hanno anche certificato che la stessa cosa non vale per altre specie di bivalvi come i cannolicchi. Ma se le popolazioni di vongole stanno così bene, perché è stata imposta dal Ministero una riduzione da 600 a 400 kg per imbarcazione? E perché i pescatori si battono per ridurre la taglia minima di pesca da 25 a 22 mm? Normalmente quando si voglio pescare taglie più piccole è perché le più grandi vanno esaurendosi. Perché oltre a ridurre la quota di pesca vogliamo ridurre anche la taglia? Gli unici dati contraddittori che vedo finora sono questi. La scienza procede in modo semplice. Raccoglie dati, li analizza in modo statistico e li rende pubblici in modo trasparente. Tutti i ricercatori devono poter rifare le stesse prove e devono poter verificare i risultati degli altri. Se si partecipa al dibattito serio si devono mostrare i dati. Altrimenti tutto resta un’opinione. La pesca con turbosoffianti non potrà mai essere sostenibile per come viene attuata oggi, così come non lo è abbattere un bosco per coltivare mais. Ma se i pescatori non vogliono sentire la voce della ricerca dovranno ascoltare la voce dei consumatori. Come dice Slow Food, i consumatori hanno il potere di decidere cosa mangiare e con le loro scelte potranno orientare i pescatori alle migliori pratiche. Una pesca fatta con turbosoffianti è anti-ecologica e i consumatori devono sapere che mangiando spaghetti con le vongole raccolte in questo modo contribuiscono a danneggiare gli ecosistemi marini. Sapendolo, da domani spero che potranno fare scelte diverse, non comprando vongole e cannolicchi o comprando solo le vongole della Bivalvia Veneto, unica in Italia fino ad ora ad aver provato a impegnarsi per ridurre questo impatto.

*Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine
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