Abbiamo un nuovo ministero che per molti aspetti costituisce un elemento di importante innovazione culturale per il nostro paese: il Ministero della transizione ecologica e solidale. Sostituirà il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Non si tratta di un semplice cambiamento di nome ma di prospettiva che raccoglie le esperienze fatte in altri paesi europei. Il Ministero della transizione ecologica è stato inventato in Francia con il Ministère de la Transition écologique, creato come evoluzione del Ministero della protezione della natura e dell’ambiente (Ministère de la Protection de la nature et de l’Environnement). Il ministero è guidato da un membro del gabinetto che viene spesso definito “Ministro dell’Ecologia” o “Ministro dell’Ambiente”. Da luglio 2020 è presieduto da Barbara Pompili, che dal 2016 al 2017 ha ricoperto l’incarico di Segretario di Stato per la Biodiversità dopo un trascorso nei Verdi francesi. Pochi anni dopo anche in Spagna è stato creato nel 2018 il “Ministero della Transizione ecologica e della Sfida demografica” che ha portato un’attenzione particolare (presente anche nel progetto di legge sui cambiamenti climatici) al settore energetico. L’introduzione del settore energia crea sostanziali differenze strategiche con altri settori affidati ad altri ministeri. In Francia, il Ministero ‘de la Transition écologique et solidaire, si occupa in particolare di fonti rinnovabili e ha prodotto un piano per le infrastrutture verdi nelle città e ha imposto tasse sui carburanti. Il ministero francese si occupa però anche della politica ambientale statale (conservazione della biodiversità, applicazione del protocollo climatico di Kyoto, controllo ambientale delle industrie), riduzione dell’impatto dei trasporti, politica marittima e abitativa e gestisce fondi per la ricerca in questi settori. In Spagna il ministero è stato invece orientato molto più strettamente al problema dell’energia e, soprattutto, dell’elettricità, con la conseguenza di escludere dalle competenze del ministero alcuni settori che giocano un ruolo molto importante per il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo del 2015 e più in generale della protezione e della salute ambientale. Nel piano per utilizzare i 209 miliardi del Recovery Fund è prevista la difesa dell’ambiente con un approccio “one health” (“Una Salute”) ovvero con l’obiettivo di «promuovere la salute umana rispetto alle determinanti ambientali e ai loro cambiamenti, in sinergia con lo sviluppo economico e sociale del Paese».
* Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine