Il tema della ripresa va affrontato adesso

Il tema della ripresa va affrontato adesso

di Roberto Danovaro
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Giovedì 29 Ottobre 2020, 18:46

L’emergenza epidemiologica legata al COVID-2 continua a condizionare la nostra vita quotidiana. I dati dei contagi non sono rassicuranti. L’Italia è in condizioni migliori rispetto ai numeri della Francia e di altri Paese europei, ma questo solo perché in Italia andiamo in vacanza quasi tutti ad agosto, mentre in nord Europa ci vanno a luglio. Tutti i Paesi europei sono su uno stesso treno che vedrà, quasi inevitabilmente nuovi lockdown. Ma con vaccino e nuove cure entro un anno usciremo da questa condizione e sarà allora che dovremo fare tesoro di quanto dolorosamente imparato in questi mesi. Non possiamo permetterci di affrontare la ripresa sociale ed economica solo quando sarà conclusa l’emergenza, dobbiamo farlo ora, perché è ora che si decide il futuro post emergenza. Questa pandemia ha rivelato in modo inequivocabile che la salute dell’Uomo è inestricabilmente legata alla salute dell’ambiente e viceversa. Le malattie trasmesse dagli animali, le cosiddette zoonosi, sono effetto del degrado ambientale, ma i mesi dell’isolamento sociale, hanno visto la rinascita della natura per effetto della limitazione delle attività umane. Mass media e social si sono riempiti di confortanti dati ed immagini di una rigenerazione della natura. Ma è bastata una breve estate in libertà per tornare a vedere i delfini solo in sfocate fotografie scattate al largo, i mercati pieni di pesce e i mari svuotati, le lagune tornate torbide, la fauna selvatica tornare nell’anonimato invisibile dei boschi, l’inquinamento atmosferico a valori pre-pandemia. Nella storia dell’uomo ogni crisi rappresenta anche un’occasione di rinascita, di cambiamento. Durante il lockdown 700 scienziati hanno scritto al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio dei Ministri invocando «la necessità di uno sforzo congiunto, cooperativo, aggregativo e sinergico per ridefinire l’economia nazionale in chiave circolare e per disegnare un nuovo modello di sviluppo rigenerativo che veda partecipi tutte le forze produttive e il capitale umano del Paese». Tra le 10 proposte formulate dagli scienziati che hanno sottoscritto il documento, una riguardava la necessità di formazione degli studenti nei temi dell’ecologia e della sostenibilità (La Stampa, 20.05.2020).

La risposta a questa necessità di cambiamento infatti passa anche dall’insegnamento e la comprensione di cosa significa lavorare per uno sviluppo sostenibile. Questo è anche l’impegno della Comunità Europea del New Green Deal, che recita: «La tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’UE, trasformando le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità in tutti i settori politici e rendendo la transizione equa e inclusiva per tutti». Nel futuro, come insegna il New Green Deal, dovremo agire, commerciare, socializzare pensando a salvaguardare l’ambiente che occupiamo. Ovvero creare una cultura dell’uso sostenibile del nostro Pianeta. Agire in maniera sostenibile richiede adeguata formazione a tutti i livelli, dalle elementari all’università. Deve essere un patrimonio culturale di tutti. Anche perché contrastare i cambiamenti climatici globali, la perdita di biodiversità, di suolo e di habitat, è indispensabile ad assicurare un futuro prospero e di benessere a tutti, generazioni presenti e future. Per uscire dalla crisi nella quale ci ha precipitato la pandemia da COVID-2 è necessario che il Piano di Recupero del Paese, il Recovery plan, di cui si sta parlando in questi giorni, inietti risorse pubbliche per permettere al nostro Paese e al suo sistema produttivo, dalla manifattura, all’industria, dalla sanità all’istruzione di abbandonare i precedenti modelli produttivi insostenibili e “sposare” l’economia circolare e modelli di sviluppo sostenibile, gli unici in grado di preservare il Pianeta. Ma per creare una cultura dello sviluppo sostenibile dobbiamo rendere l’insegnamento della Sostenibilità e dell’Ecologia obbligatori nella formazione dei nostri giovani. Non è più concepibile che si formino medici, economisti, ingegneri, architetti, chimici, fisici, avvocati e financo filosofi che non abbiano nel loro bagaglio culturale gli elementi per comprendere gli obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dalle Nazioni Unite e promuovere le ragioni di sopravvivenza del nostro Pianeta.

*Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine

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