Le solite brutte notizie sul clima: cresce la minaccia per il pianeta

Le solite brutte notizie sul clima: cresce la minaccia per il pianeta

di Roberto Danovaro
4 Minuti di Lettura
Giovedì 7 Aprile 2022, 10:25

È uscito da pochi giorni l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), l’organismo delle Nazioni Unite che valuta su base scientifica il cambiamento climatico e i suoi effetti. Il Presidente dell’Ipcc, Hoesung Lee ha dichiarato «questo rapporto è un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione. Dimostra che il cambiamento climatico è una grave e crescente minaccia per il nostro benessere e un pianeta sano». Gli effetti drammatici dei cambiamenti climatici sono in parte già noti: lo scioglimento massivo dei ghiacciai, le siccità estreme, gli incendi sempre più diffusi, le alluvioni, la mancanza di acqua e di cibo. Secondo questo rapporto la situazione continua a peggiorare e potrebbe arrivare a una situazione irreversibile. L’ultimo rapporto conferma che abbiamo a disposizione pochissimo tempo per agire e questo dovrebbe spingerci ad accelerare nella conversione del nostro sistema produttivo. Questo ennesimo grido di allarme si accompagna a nuove evidenze fino a oggi inimmaginabili. In Antartide, nella base Dome Concordia, a 3234 metri di altezza, è stata registrata una temperatura massima di -11,5 °C, contro -51°C tipici di questo periodo. Si tratta di un riscaldamento di quasi 40 °C, il valore più alto mai registrato. Non è da meno il polo Nord dove sono state registrate temperature 18-20 °C al di sopra delle medie tipiche che periodo, con fusione del ghiacciaio intorno alle Svalbard, e una sua riduzione, in meno di una settimana, di 100,000 km2 (pari all’estensione del nord Italia). Al contempo, l’anticiclone che ha colpito la Groenlandia ha interessato anche l’Europa occidentale causando una grave siccità in molte città italiane ed europee. La crisi climatica sta avendo importanti ripercussioni anche sulla salute umana. Nel 2019, secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, l’eccessivo calore ha contribuito a livello globale alla morte di 345 mila persone. La regione più colpita è quella europea con 101 mila decessi nello stesso anno. Circa 12 milioni di persone debbono sfollare ogni anno a causa di inondazioni e siccità. Si calcola che il cambiamento climatico e la conseguente crisi idrica in Africa, potrebbe portare nei prossimi decenni, 300 milioni di persone a fuggire da un continente sempre più arido e caratterizzato da crescenti carestie. Tutto questo dovrebbe spingerci ad attuare in modo ancora più rapido ed efficace la transizione ecologica ed energetica.

Tuttavia, sia l’Europa sia gli Stati Uniti apparentemente non intendono rinunciare ai combustibili fossili che hanno causato “la crisi climatica”. Il mondo scientifico continua a suggerire soluzioni attuabili, necessarie e convenienti, ma i governi faticano ad assumersi la responsabilità di fare qualcosa di concreto. Ne è un esempio il tempo enorme intercorso per approvare un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ancora non sembra trovare applicazione in Italia. La transizione energetica fino ad oggi si è concentrata sulle possibili opzioni: energia rinnovabili o nucleare? Ritorno al carbone? Tuttavia, l’unica vera indipendenza energetica è quella che può essere ottenuta mediante l’uso di energia rinnovabile. Sole, vento, mare, acqua, geotermia sono risorse di cui il nostro paese dispone in abbondanza, senza dover dipendere dall’approvvigionamento di uranio o gas o carbone di cui non abbiamo disponibilità (se non in misura comunque insufficiente per il gas). Gli esperti, inclusi i privati del settore, sanno che attualmente il costo dell’energia rinnovabile, anche di ultima generazione come l’eolico galleggiante in mare aperto, è confrontabile o più basso di quello prodotto da combustibili fossili. In questo contesto la transizione energetica orientata alle rinnovabili genererà molti più posti di lavoro di quelli che andranno persi nel settore del fossile, rendendo anche l’aria delle nostre città più respirabile. È altrettanto chiaro che non di può fare tutto in un giorno. Ma se decidiamo di approvare oggi la produzione massiva di nuovi impianti per la produzione di energia rinnovabile (ad esempio eolico o solare), sappiamo che potremmo essere in grado di vedere questi impianti produttivi solo tra 7-10 anni. Il paradosso è che se anche decidessimo di abbandonare il Green Deal europeo, e volessimo aprire nuove piattaforme estrattive o centrali nucleari, il tempo per la loro realizzazione sarebbe lo stesso o superiore. Quindi è chiaro che non esistono scorciatoie. Dobbiamo partire subito e capire come vogliamo rendere autonomo, pulito e sostenibile il sistema energetico del nostro Paese. Per gli scienziati non ci sono dubbi, ma la decisione spetta alla politica. 

* Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine

© RIPRODUZIONE RISERVATA