Azionate gli smartphone per uno sport più pulito

Azionate gli smartphone per uno sport più pulito

di Lorenzo Sconocchini
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Giovedì 25 Maggio 2023, 04:05

Ormai non c’è più nessuna zona franca, nello sport, che si possa sentire al riparo da episodi di intolleranza e violenza. Se un tempo stadi e campi di calcio - dove giocavano i grandi - erano lo sfogatoio dei peggiori istinti, scenari di insulti e aggressioni, cori razzisti e beceri di ogni tipo, adesso il contagio s’è diffuso un po’ ovunque, raggiungendo anche propaggini dello sport che sembravano costituzionalmente immuni. Basta riepilogare cos’è successo negli ultimi sei mesi nelle Marche, con il susseguirsi di episodi francamente inimmaginabili fino a qualche tempo fa. L’ultimo, domenica scorsa, ha riguardato addirittura il futsal femminile, nello scenario del PalaBadiali di Falconara, dove giocano le ragazze del Città di Falconara, club giovane ma già pluridecorato, con titoli anche a livello internazionale. La società falconarese ha subito chiesto scusa per le intemperanze di una frangia incattivita della propria tifoseria, che si è scagliata (con lancio di bottiglie e schiaffi) contro arbitri, cronometrista e commissario di campo della semifinale di domenica scorsa. «Cari amici arbitri, vi promettiamo che non ricapiterà più. Mai più», scrive il club delle Citizen nel suo profilo facebook. Ma affinché davvero non succeda più davvero, serve l’impegno di tutti, perché le brutte scene di domenica sera a Falconara non sono isolate, ma arrivano in fondo a una serie di episodi inqualificabili successi tra campetti di periferia e palestre. Ha colpito davvero che non sia rimasta al riparo da questa pessima deriva (per quanto incolpevole e pronta a chiedere scusa) anche una società simbolo dello sport dilettantistico marchigiano, quell’Aurora Jesi nata in un oratorio per l’impegno del parroco don Roberto Vigo e modello di sportività ed inclusione, nota non soltanto per aver dato maglietta e scarpini all’attuale ct della nazionale Roberto Mancini, agli albori della sua fantastica carriera di calciatore. «Sei nero, sembri una scimmia», s’era sentito gridare dagli spalti, durante una partita di calcio giocata nel febbraio scorso, un ragazzino di soli 13 anni, dalla pelle più scura dei compagni, in campo per la nuova Folgore contro l’Aurora Jesi, nella palestra di San Sebastiano. «Siamo feriti nell’orgoglio e nell’anima», aveva reagito il club jesino, multato di 500 euro.

Ma di episodi simili ne erano successi prima e ne verranno dopo. Il 16 gennaio scorso, durante una partita del campionato di serie C femminile tra il Vicenza e la Jesina, dei genitori saliti dalla provincia di Pesaro Urbino per seguire una giocatrice leoncella se la presero con la 23enne nigeriana Rafiat Folakemi Sule. «Bestia», «sei scura», le avevano urlato contro. Insulti sessisti e discriminatori, invece, erano piovuti addosso all’arbitra maceratese Laura Mancini l’8 febbraio, durante la partita tra Osimo Stazione e l’Atletico Mondolfo Marotta del campionato di Promozione. E a volte i genitori si sono presi a botte, com’è accaduto la mattina del 19 marzo scorso nella tribuna del Giuliani a Torrette di Ancona, durante un partita di calcio under 15. E ogni volta, a commento di quegli episodi, veniva sempre fuori che erano state una o due persone, una manciata di spettatori al massimo, a inveire e insultare, a volte picchiarsi. Una minoranza che ha finito per macchiare il buon nome di una società o di un’intera tifoseria. E gli altri? Fermi a guardare? Un’altra volta, è la nostra speranza, chi assiste allo sfogo razzista di un genitore ultrà - o peggio ancora a un’aggressione di pseudo tifosi - azioni quello smartphone con cui ormai filmiamo tutto e riprenda il facinoroso di turno. Consegni il video alle forze dell’ordine e aiuti a far circolare un po’ di aria pulita nei campi sportivi e nelle palestre, a suon di Daspo.

*Caporedattore del Corriere Adriatico

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