Come il leone smunto depresso, quando una succulenta gazzella entra nel suo campo visivo, si rianima e d’un balzo le è addosso, così il giornalista a stecchetto di buone notizie, segnali che invitino a guardare con un po’ d’ottimismo al futuro, si avventa sulla elezione di Pesaro a Capitale Italiana della Cultura 2024, prima volta per una città marchigiana, Macerata e Ancona ci andarono vicine, furono sconfitte con onore come quest’anno Ascoli Piceno. Il titolo di Capitale della Cultura è roba seria, non semplice medaglietta da appuntare al campanilistico petto. Non solo e non tanto per il milione di ministeriali euro che affluiranno nelle casse comunali, il gradito milione è il meno. Il grosso sono le ricadute turistiche, di norma destinate a manifestarsi, leggo in un vecchio articolo pubblicato su QuiFinanza ancora disponibile online, già all’indomani della proclamazione. Benefici tendenti inoltre a protrarsi nel tempo: per almeno cinque anni dopo l’evento, sempre che si siano fatte le cose per bene, che i progetti del luccicante dossier siano realizzati in maniera impeccabile e i visitatori delle prime ondate accolti al meglio, da spingerli a sparger la voce. Il dossier pesarese, “La Natura della Cultura”, sulla carta è perfetto, non a caso ha messo d’accordo tutti i membri della commissione chiamata a vagliare le candidature. Guarda indietro e guarda avanti, connette le bellezze ereditate dal passato alle sfide proposte, fin da oggi, dal mondo di domani. Nella motivazione letta dal ministro Franceschini si dice: “La proposta conferisce il giusto equilibrio fra natura, cultura e tecnologia: tre elementi che si fondono in un contesto di azione condivisa tra pubblico e privato. L’enfasi data al valore della cittadinanza, come pratica attraverso concreti esercizi, afferma una direzione che può generare contributi per altre esperienze future”. Molto importante: il dossier non riguarda solo Pesaro ma concerne tutti i 50 comuni della provincia di Pesaro-Urbino. Una avventura collettiva, un’occasione imperdibile per valorizzare l’intero territorio. Dopo i giusti festeggiamenti, non resta che mettersi pancia a terra a lavorare. Non c’è ragione di non essere ottimisti circa la piena realizzazione del progetto: quando la smettiamo di lamentarci e ci rimbocchiamo le maniche, noi marchigiani siamo mica secondi a nessuno. (Lamentosi un po’ lo siamo in questo periodo, e sfiduciati e timorosi di fronte ai problemi che ci son piovuti addosso.
*Opinionista e critico cinematografico