Odio quelli che stanno a Cannes in questi giorni, mentre io a casa. Che si interrogano - vedi Marco Giusti in un pezzo apparso su Dagospia - se ancora abbia senso il gigantesco carrozzone, al tempo delle piattaforme, del cinema fruibile ovunque, del cinema che prende strade inedite, non che a Cannes non ne siano consapevoli e infatti il festival ha acceso un riflettore sui tiktoker. Che si fanno scrupoli morali e si domandano se sia opportuna l’aria di festa no-stop mentre in Ucraina si muore, ma intanto passano da un drink a un tappeto rosso, da una proiezione a un party, mentre io a casa. Che si lamentano e si imbufaliscono per il sistema d’acquisto dei biglietti online che nei primi giorni tendeva a impallarsi, e però poi si godono, e in lingua originale, i nuovissimi Gray e Skolimowski, Cronenberg e Loznitsa, e Baz Luhrmann e i Dardenne e, oltre a verificare lo stato d’ispirazione dei maestri più venerati, possono scoprire qualche talento clamoroso, e io mi devo far bastare Bellocchio (prima parte) e Martone (eccellenti, eh). Che, trovandosi tutti lì, sai le discussioni appassionate, le liti se del caso, a proposito di quel titolo e quell’altro, scorrendo le recensioni su un bel po’ di film c’è disaccordo radicale, leggi tutto e il suo contrario, Cronenberg avrà fatto un’opera senile o la summa del suo cinema?, e la curiosità mi si mangia ma chissà quanto dovrò aspettare per soddisfarla. Loro a Cannes, che i film se li vedono in sale strapiene, mentre qui da noi quasi sempre sale deserte, e ti assale la tristezza. Loro a Cannes, liberi dalle misure antiCovid, la mascherina se ti senti più tranquillo a indossarla la metti, altrimenti no (cronache e immagini raccontano che la usano in pochissimi). Liberi di innervosirsi per una coda lunga e pressata, dopo due anni d’abbacchiamento da distanziamento obbligato, un metro, anzi due metri, meglio ancora una pertica e rafforzata (rafforzare sempre, rafforzare tutto). Quelli a Cannes in questi giorni, quanto li invidio. Quanto li odio. Un po’ mi rassereno proiettandomi fra tre settimane, quando potrò imitarli, in contesto meno sgargiante meno assembrato e niente mise improponibili, in definitiva un contesto assai più di mio gusto.
* Opinionista e critico cinematografico
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