Il vaso incrinato che si sfascia davanti al grande schermo

Il vaso incrinato che si sfascia davanti al grande schermo

di Giovanni Guidi Buffarini
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Venerdì 7 Febbraio 2020, 10:27
Non ero al Teatro delle Muse di Ancona, domenica scorsa, per il concerto del Maestro Ezio Bosso. Il fattaccio l’ho appreso dal giornale. Durante l’esecuzione del primo brano in programma, l’Ouverture del “Flauto Magico” di Mozart, un cellulare ha squillato. Il Maestro Bosso ha prolungato oltre il dovuto la pausa segnata in partitura, poi ha proseguito. Al termine del brano, lo sfogo: «È un vaso incrinato, un’emozione interrotta, è una bellezza che si scompone, peggio di una tela sfregiata». Non ero nemmeno a Perugia, Umbria Jazz 2007, quando dalla platea lampeggiarono flash verso Keith Jarrett. Notoriamente fumantino, al contrario di Bosso. E di botto smise di suonare, si alzò dallo sgabello e andò via, non ci fu verso di farlo tornare sul palco. C’ero invece al concerto d’un altro gran pianista, Alexander Lonquich. Le Muse, quella sera, sanatorio più che teatro. Colpi di tosse innumerevoli e impetuosi. Non ricordo quale sublime pezzo Lonquich stesse eseguendo (l’ultima sonata di Schubert?). Arrivato in fondo al movimento, prima di attaccare il successivo si girò verso la platea e disse, sconsolato più che innervosito: «Io vi sento, ma non riesco a sentirmi». Parole miracolose. Alcuni istantaneamente risanarono, gli altri ricordarono che è buona educazione appoggiare il fazzoletto alla bocca, quando si tossisce. Se assisto a meno concerti di quanti vorrei, è perché tante serate le trascorro al cinema. Dove non è raro accada la qualunque. Virulenti sgranocchiamenti, di patatine e affini, capaci di imporsi sulla colonna sonora del più tonitruante blockbuster hollywoodiano. Cannucce tenacissime nel risucchiare l’aria, e «carissimo, per pietà, arrenditi: il bidone di Coca Cola formato traversata del Sahara l’hai vuotato mezz’ora fa e da sé non si riempie, fidati». Commenti incessanti scambiati fra vicini ma udibili dalla sala intera, ché se gli spettatori della musica hanno le vie respiratorie intasate, tanti spettatori del cinema son durissimi d’orecchi, non si capisce cosa aspettino a fissare un appuntamento con l’otorino. Piedi o ginocchia altrui puntate nella tua poltroncina, e alla ennesima ginocchiata nella schiena una volta mi girai minacciando amputazione dell’arto molesto, minaccia iperbolica farlocca, tanto per cambiare non avevo con me la motosega, ma l’idiota capì che ero arrabbiato sul serio e smise di rompere. E naturalmente loro: i maniaci del cellulare. Di tutte le età, non è affatto vero che gli adolescenti siano i peggio. Non era adolescente la signora, seduta due file dietro la mia, che per cinque minuti buoni chiacchierò - urlando no, però nemmeno sussurrando - con una amica, ho motivo di supporre, cercando di chiarire i motivi che avevano spinto una certa Marisa a non presentarsi a un appuntamento. Cinque minuti buoni: manco le passò per l’anticamera del cervello la frase «ti chiamo dopo, sono al cinema». Non era adolescente il recordman quanto a telefonate fatte/ricevute (1/3) durante una singola proiezione (film lungo, ok: “Avengers - Age of Ultron”). Perlomeno, dopo la prima chiamata silenziò la suoneria, e a parlare andava fuori. Più ancora che molesti i maniaci del cellulare mi risultano incomprensibili. A scanso di equivoci, lo smartphone mi piace da impazzire, è una invenzione meravigliosa. È il mondo nel palmo della mano. Irrinunciabile. Ma non è bello, ogni tanto, chiuderlo fuori il mondo? Tranquilli, va avanti benissimo anche senza di noi. Non siamo così importanti. E d’altro canto, il prodigioso apparecchio appena riacceso ci ragguaglierà su tutto quanto accaduto in nostra assenza. I messaggi WhatsApp (se vocali e a me indirizzati, non più lunghi di 30 secondi, ok?), l’avviso della chiamata del collega, i nuovi post degli amici di Facebook: lo smartphone non dimentica niente. Perché non concedergli un po’ di meritato riposo e godersi appieno lo spettacolo, la cena con l’amata? E se il film che sembrava così attraente si rivela una ciofeca, perché non uscire, voi che potete e un po’ vi invidio? Troppi film ho mollato a metà, quando non dovevo recensire.

*Critico cinematografico e opinionista
 
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