Lo spopolamento e il declino economico: ritrovare la vocazione delle aree interne

Lo spopolamento e il declino economico: ritrovare la vocazione delle aree interne

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 14 Luglio 2021, 10:35 - Ultimo aggiornamento: 11:02

Il mio articolo di mercoledì 30 giugno sullo spopolamento delle aree interne ha suscitato diverse reazioni, anche veementi. L’espressione che avevo utilizzato per sintetizzare la mia tesi, lo “spopolamento programmato”, non è stata felice ed ha urtato diverse sensibilità. Me ne scuso. L’intento non era certo quello di evocare trasferimenti forzati ma di ragionare sulle condizioni per attenuare e governare gli effetti dello spopolamento cui queste aree andranno incontro nei prossimi decenni. L’idea che si possa arrestare o addirittura invertire la tendenza allo spopolamento e all’invecchiamento della popolazione nell’area appenninica mi sembra del tutto irrealistica. Secondo le ultime stime Eurostat la popolazione italiana diminuirà nei prossimi trent’anni di poco meno di 5 milioni di individui (oltre il 7%). La stima comprende già l’ipotesi di flussi migratori positivi dall’esterno. Le stime dell’Onu, basate su un’ipotesi di minori flussi migratori, prevede una contrazione ancora più accentuata: oltre i 6 milioni di individui. In entrambi i casi la riduzione maggiore si avrà nella popolazione compresa fra i 15 e i 64 anni che diminuirebbe rispettivamente di 8,7 e 10,3 milioni. E’ probabile, stante le attuali tendenze, che le aree interne siano destinate a perdere popolazione più velocemente della media, in particolare nelle fasce d’età più giovani. Ciò comporterà un’accentuazione del circolo vizioso fra spopolamento, peggioramento dei servizi e delle opportunità e ulteriore spopolamento. L’attenuazione di questo fenomeno può prefigurarsi attraverso due strade, non necessariamente alternative. La prima è quella di incentivare forme di residenza temporanea: dal turismo vero e proprio alle seconde case. In sostanza, si attirano persone che trovano piacevole passare parte del proprio tempo nelle nostre aree interne spendendo reddito prodotto altrove. Per questo tipo di insediamenti la densità non è un problema. Al contrario. Nelle aree con questa vocazione i servizi pubblici possono essere ridotti all’essenziale e andrebbe privilegiata la salvaguardia dell’ambiente naturale; incentivando forme di turismo e di permanenza sostenibile ed evitando fenomeni di congestionamento da traffico del fine settimana.

Una vasta parte delle aree interne può avere questa vocazione. Ma l’Appennino non è solo questo; è un’area con oltre 10 milioni di persone le cui prospettive di reddito e di lavoro non possono essere affidate al turismo e all’agricoltura: pena un’ulteriore accelerazione dello spopolamento. Né si può immaginare un’economia sussidiata, che la precaria situazione dei conti pubblici italiani renderà sempre più difficile mantenere a questa scala. Anche ammesso che ve ne fossero le condizioni, significherebbe ratificare la condizione di marginalità e di dipendenza di queste aree da altre aree del paese in cui si produce reddito. Per questo occorre ragionare sulle condizioni che consento di mantenere o sviluppare attività nel manifatturiero e nei servizi avanzati; attività in grado di assicurare lavoro di qualità e scongiurare l’abbandono da parte dei giovani. Per queste attività la scala degli insediamenti e la loro densità assumono notevole rilevanza. Siamo in un’economia di mercato per cui nessuno immagina di indirizzare o costringere le attività in specifici luoghi. Siamo però anche un’economia nella quale la predisposizione di servizi pubblici e di infrastrutture è rilevante nel favorire l’attività economica e il benessere sociale e la pianificazione del territorio è un elemento qualificante dell’azione pubblica. Occorre fare scelte che assicurino l’efficienza e l’efficacia dei servizi pubblici e che ne garantiscano la sostenibilità nel lungo periodo. In sintesi. Siamo davanti ad uno scenario di strutturale riduzione della popolazione che rischia di accentuare il circolo vizioso tipico delle aree interne fra spopolamento e declino economico. Un’azione di contrasto a queste tendenze attuata in modo indiscriminato rischia di essere costosa e inefficace. E’ preferibile una pianificazione dei servizi pubblici e delle infrastrutture che accetti la rarefazione in alcune aree e favorisca una maggiore densità e concentrazione in altre.

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni

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