Specializzazione intelligente. Una strategia per le regioni

Specializzazione intelligente. Una strategia per le regioni

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 26 Febbraio 2020, 03:50
Sono stato di recente invitato ad un convegno al Politecnico di Milano nel quale si è discusso dei risultati dell’utilizzo dei fondi strutturali europei per il periodo di programmazione 2014-2020. Erano presenti i responsabili delle principali regioni del centro nord oltre a colleghi e studiosi. I fondi strutturali messi a disposizione dalla Ue costituiscono un’importante risorsa per le politiche industriali nel nostro paese, in particolare le politiche messe in atto a livello regionale. Nel nostro ordinamento le regioni hanno importanti competenze di politica industriale ma ricevono scarsissime risorse per questo scopo dallo stato nazionale. I fondi europei costituiscono la principale risorsa a disposizione delle regioni per le azioni di politica industriale, in particolare nell’ambito della ricerca e dell’innovazione. Studi condotti sul periodo di programmazione precedente (2007-2013) hanno dimostrato che le regioni italiane sono fra le regioni europee che hanno ottenuto il minore impatto dall’allocazione di tali fondi; la spesa ha prodotto scarsi o nulli risultati in termini di reddito e occupazione.

Proprio per cercare di aumentare tale impatto, nella nuova programmazione (2014-2020) la Commissione ha imposto alle regioni di dotarsi di una strategia di specializzazione intelligente. Cioè di individuare alcuni ambiti tecnologici e settoriali nei quali concentrare le risorse. Una delle ragioni dello scarso impatto dell’utilizzo dei fondi UE è stato infatti individuato nella loro eccessiva dispersione; una modalità di allocazione che nel nostro paese è indicata con l’espressione ‘a pioggia’. Questa modalità è efficace nel sostenere il reddito dei soggetti beneficiari (imprese e individui) nel breve periodo ma genera scarso impatto in termini di crescita. Il nuovo orientamento della Commissione UE traduce una convinzione da tempo emersa nella riflessione accademica sulle politiche industriali: l’efficacia di tali politiche dipende dalla selettività, cioè dalla concentrazione in pochi ambiti settoriali e tecnologici che mostrano maggiori possibilità di crescita. Ciò implica maggiore selettività anche nei soggetti beneficiari degli interventi e una maggiore concentrazione delle risorse su specifici progetti.

La cattiva notizia, emersa nel convegno sopra citato, è che anche per il periodo di programmazione 2014-2020 le regioni italiane (con poche eccezioni) hanno continuato ad allocare le risorse con scarsa selettività, preferendo massimizzare il numero dei beneficiari. Una delle ragioni spesso indicata per giustificare questo modo di procedere è che la selettività avvantaggerebbe pochi soggetti a scapito di tutti gli altri. E’ un’argomentazione scarsamente fondata. Nella media delle imprese manifatturiere, che sono fra le principali beneficiarie dei fondi per l’innovazione e la ricerca, ogni 100 euro di incremento di fatturato si traduce in 75 euro di acquisti di merci e servizi da altre imprese (i restanti 25 si ripartiscono fra le spese per il personale, i profitti lordi e le tasse). Questo implica che un’impresa che aumenta in modo considerevole le vendite genera un altrettanto considerevole aumento della domanda di prodotti e servizi intermedi verso altre imprese.

Considerata la peculiare organizzazione territoriale delle nostre filiere produttive, una buona parte di questo incremento di domanda si rivolgerà alle imprese localizzate sul territorio regionale. Per questa ragione sostenere le imprese (o i settori) che hanno maggiori possibilità di crescita produce un impatto sul reddito e sull’occupazione molto maggiore che non distribuire un po’ di risorse a tutti, anche coloro che hanno scarse possibilità di crescita. Questi ultimi dovrebbero considerare che è preferibile operare in un contesto in cui cresce il reddito e la domanda piuttosto che in uno nel quale si ricevono sussidi immediati ma di scaro impatto in prospettiva. La difficoltà nell’adottare politiche industriali selettive è una difficoltà politica. Massimizzare il numero dei beneficiari è la modalità che piace ad operatori ed elettori e consente pertanto di massimizzare il consenso; ma è anche quella che minimizza l’impatto economico delle risorse impiegate.

*Docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche
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