Mezzo secolo di ritardo nelle scuole per manager

Mezzo secolo di ritardo nelle scuole per manager

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 15 Febbraio 2023, 07:50

Management è una parola inglese che non ha un equivalente nella lingua italiana. Il più vicino è amministrazione ma non ne comprende pienamente il significato. Management fa riferimento alla capacità di gestire organizzazioni in modo produttivo, efficiente e sostenibile nel tempo. L’assenza di un termine che racchiude queste capacità trova un corrispettivo nello strutturale ritardo della formazione manageriale nel nostro paese. E’ un ritardo temporale, se consideriamo che le prime scuole di formazione manageriale, fra le quali possiamo annoverare l’Istao di Ancona, hanno iniziato ad operare in Italia negli anni ‘70 del secolo scorso mentre negli Usa erano state avviate da oltre mezzo secolo prima. Il ritardo riguarda anche l’approccio e i contenuti. Nel nostro Paese ha per lungo tempo dominato una tradizione di studi aziendali imperniata sulla ragioneria e sui sistemi contabili. Al predominio della ragioneria se ne è associato un altro ancor più pervasivo che è quello degli studi giuridici. Ne è risultato un approccio alla gestione delle organizzazioni che è orientato principalmente al rispetto delle norme e delle procedure piuttosto che ai risultati. Un approccio che è evidente soprattutto nelle amministrazioni pubbliche ma dal quale non è immune nemmeno il sistema delle imprese. L’introduzione dei sistemi di qualità, ad esempio, si è tradotta nel nostro paese nella produzione di corposi manuali, estremamente dettagliati e prolissi, pressoché impossibili alla lettura e poco orientati a modificare in modo effettivo ed efficace i comportamenti delle persone. L’esempio forse più eclatante dell’approccio italiano al management è nella forma e nei contenuti del bilancio d’esercizio che gli amministratori delle società sono tenuti a redigere e presentare annualmente ai soci e a rendere disponibile agli stakeholder. La struttura del bilancio è prevista con dovizia di particolari nel nostro Codice civile. Il risultato è che il bilancio di una piccola srl (società a responsabilità limitata) italiana ha più o meno le stesse pagine di quello della Apple (una delle più grandi imprese a livello mondiale) salvo che quello della Apple è effettivamente orientato ad informare investitori e stakeholder sull’andamento della società mentre quello della srl italiana si caratterizza per una quantità di informazioni del tutto inutili per soci e stakeholder e in gran parte funzionali ad ottemperare ai formalismi previsti dalle norme.

Le cose sono diverse per i bilanci delle società quotate in borsa, che non a caso seguono gli standard internazionali piuttosto che quelli nazionali. D’altra parte, nella maggioranza delle nostre imprese la stretta associazione fra proprietà e gestione familiare rende del tutto inutile le necessità di comunicazione fra amministratori e soci. La predominanza delle imprese familiari è l’altra caratteristica del nostro paese che ritarda la diffusione della cultura manageriale. Le imprese familiari sono dominanti in tutti i paesi industriali e in tutti i continenti. La differenza con l’Italia è nel fatto che la proprietà familiare non si traduce in un’automatica attribuzione dei ruoli di gestione ai membri della famiglia. Nelle imprese tedesche, ad esempio, vi è una più chiara separazione fra proprietà e gestione e quest’ultima è più di frequente assegnata a manager esterni alla famiglia; scelti per le loro competenze. Non è un caso che indagini internazionali sulla qualità delle pratiche manageriali nelle imprese pongono l’Italia nelle ultime posizioni. Non mancano nel nostro paese imprese eccellenti, anche dal punto di vista delle pratiche manageriali, ma nella media il ritardo da colmare è ancora notevole. Può sembrare un discorso astratto e accademico ma in realtà ha implicazioni molto concrete. Diversi studi hanno messo in evidenza la stretta relazione fra la qualità delle pratiche manageriali e la produttività, da cui dipendono le retribuzioni dei lavoratori di cui lamentiamo continuamente il basso livello. Elevare la qualità della cultura e delle pratiche manageriali nelle nostre organizzazioni, pubbliche e private, è quindi fondamentale per aumentare la produttività e retribuire adeguatamente le persone occupate.

* Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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