La propensione imprenditoriale non è più il forte delle Marche

La propensione imprenditoriale non è più il forte delle Marche

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 7 Luglio 2021, 10:23

Giovedì scorso è stato presentato il Rapporto sull’imprenditorialità nelle Marche realizzato in collaborazione fra la Fondazione Aristide Merloni e il Centro per l’Innovazione e l’Imprenditorialità dell’Università Politecnica delle Marche. Lo scopo del Rapporto è quello di esaminare l’avvio di nuove imprese nella regione, in particolare quelle operanti nei settori a più alto contenuto di conoscenza. Era inevitabile, data la situazione, che parte dell’attenzione fosse concentrata sull’ultimo anno. L’impatto della pandemia è stato in effetti rilevante anche sull’avvio di nuove imprese. Nel 2020 si è avuta nelle Marche una significativa riduzione nelle iscrizioni (-24%), più accentuata della media nazionale (-17%). L’impatto è stato in gran parte limitato ai mesi iniziali del lockdown (marzo-maggio 2020) mentre è risultato meno significativo negli altri mesi. Nei primi mesi del 2021, malgrado il ripristino delle restrizioni alla mobilità, l’avvio di nuove imprese è risultato di poco inferiore ai livelli osservati nel 2019. E’ interessante notare che, a differenza di quanto temuto, non si è registrato un incremento delle cessazioni che anzi hanno mostrato una tendenza alla riduzione. Il contenimento delle chiusure è continuato anche nella prima parte del 2021. A ciò hanno sicuramente contribuito i ristori e le misure di sostegno all’occupazione. Si tratta in ogni caso di un segnale positivo anche in vista della fase di ripresa che si sta avviando. Più che l’andamento congiunturale delle iscrizioni e delle cessazioni ciò che deve preoccupare maggiormente è la tendenza di lungo periodo alla riduzione della propensione imprenditoriale; una tendenza che caratterizza l’Italia e le Marche da oltre un decennio. Per rimanere alla nostra regione l’avvio di nuove imprese è passato dalle oltre 12.000 all’anno negli anni precedenti la crisi del 2008 alle circa 10.000 nel 2011 fino alle circa 8.000 del 2019. Si è andata, quindi, progressivamente riducendo la propensione imprenditoriale, cioè la percentuale di popolazione che manifesta la volontà e l’interesse ad impegnarsi e a rischiare nell’avvio di nuove iniziative.

Il calo della propensione imprenditoriale nelle Marche e in Italia è tanto più preoccupante poiché è in controtendenza rispetto a quanto si registra nei principali paesi della Ue e nelle altre principali aree economiche che nell’ultimo decennio hanno mostrato una tendenza alla crescita della propensione imprenditoriale. La vivacità imprenditoriale non è solo una conseguenza dell’andamento dell’economia ma ne è anche una causa. Agire sulla propensione degli individui ad attivarsi per nuove iniziative imprenditoriali può quindi rappresentare un importante fattore di stimolo all’innovazione e alla crescita. Il progressivo declino nell’attivazione imprenditoriale nel nostro paese è spesso ricondotto alla presenza di barriere che il potenziale imprenditore si trova ad affrontare nel momento in cui prova a mettere in atto i suoi propositi e che possono scoraggiarlo dal proseguire. Fra questi ostacoli vi sono la difficoltà di reperire risorse finanziarie adeguate o la farraginosità e le lungaggini degli adempimenti amministrativi necessari all’avvio e alla gestione di nuova attività. Altrettanto rilevanti sembrano essere nel caso italiano anche gli ostacoli percepiti, come la paura di fallire e la percezione di non possedere le competenze necessarie all’avvio e alla gestione di una nuova impresa. Il Rapporto citato in apertura dell’articolo dedica specifica attenzione alle start-up innovative, per il ruolo significativo che esse possono avere per l’innovazione e la diversificazione del nostro sistema produttivo. La questione fondamentale per le start-up innovative non è tanto il loro numero quanto la percentuale di quelle che riescono a crescere e a crescere velocemente. La crescita è condizionata dalla possibilità di reperire capitale di rischio per sostenere gli investimenti e servizi specialistici. Ambiti nei quali l’ecosistema regionale mostra ancora qualche ritardo; che sarà importante colmare al più presto al fine di raccogliere e sfruttare gli elementi di vivacità imprenditoriale che ancora la nostra regione riesce ad esprimere.

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni

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