Monitorare i fondi del Pnrr e gli effetti che produrranno

Monitorare i fondi del Pnrr e gli effetti che produrranno

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 31 Maggio 2023, 07:23

Nelle ultime settimane si è acceso il dibattito sul Pnrr. È una buona notizia. È stato più volte ribadito che si tratta di un’occasione storica e imperdibile ma forse non eravamo pienamente consapevoli della sua portata. Il rischio di perdere parte delle risorse ha riaperto un salutare dibattito sugli obiettivi del piano, sui limiti con i quali è stato costruito e sull’importanza di portarlo a termine. In termini finanziari il Pnrr è equivalente al piano Marshall. Il piano è noto con il nome dell’allora segretario di stato Usa ma in realtà si chiamava European Recovery Program. Anche allora l’Italia è stata fra i principali beneficiari con un ammontare stimato nell’11,5% del Pil del 1948. Il peso del Pnrr è simile (10,5% del Pil) e anche la durata dei due piani è molto simile: dal 1948 al 1952 il piano Marshall; dal 2022 al 2026 il Pnrr. È stato stimato che il piano Marshall ha determinato una crescita addizionale del PIL italiano negli anni ‘50 dell’1,3%. Le condizioni dell’Italia nell’immediato dopoguerra erano completamente diverse da quelle attuali per le potenzialità di crescita. È quindi improbabile che dal Pnrr possa attendersi un impatto altrettanto elevato. Secondo le stime della Commissione l’impatto dell’utilizzo dei fondi del Next Generation Eu dovrebbe produrre una crescita aggiuntiva dei paesi Ue nei prossimi anni intorno allo 0,5%. D’altra parte, le nostre società hanno raggiunto livelli di benessere materiale elevati e anche per questo prestiamo maggiore attenzione agli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale piuttosto che alla crescita. Il 37% dei fondi del Pnrr deve essere destinato alla transizione ecologica e il piano menziona esplicitamente tre priorità trasversali: l’attenzione ai giovani al fine di ridurre i divari intergenerazionali; la riduzione dei divari di genere; la riduzione dei divari di cittadinanza. Della crescita, però, non possiamo totalmente dimenticarci poiché la quota maggiore dei fondi utilizzati per finanziare il Pnrr sono presi a prestito; seppure acquisiti a condizioni favorevoli si tratta di risorse che andranno restituite e che ridurranno i margini della spesa pubblica nei prossimi decenni. Nell’ambito del Next Generation Eu i paesi dell’Ue avevano la possibilità di indebitarsi fino al 7% del Pil. Gli unici paesi che hanno sfruttato per intero questa possibilità sono stati l’Italia e la Grecia, mentre la gran parte dei paesi ha utilizzato solo le risorse a fondo perduto. L’Italia ha attinto il 48% del complesso delle risorse messe a disposizione dalla Commissione e si è quindi assunta una grande responsabilità sia nei confronti della Ue sia nei confronti delle prossime generazioni che saranno chiamate a rimborsare i prestiti. Riuscire a realizzare gli obiettivi previsti nel Pnrr è fondamentale e dipenderà non solo dalla capacità di utilizzare le risorse ma anche di impiegarle bene. Quest’ultimo obiettivo rischia di essere trascurato man mano che aumenta la difficoltà di realizzare i progetti. La necessità di accelerare la spesa rischia anche di attenuare gli obiettivi trasversali e di riequilibrio territoriale poiché si finirà con il privilegiare quei territori e quei soggetti che dimostreranno maggiore capacità di assorbimento. È il rischio paventato dalla professoressa Alessandra Faggian nella tradizionale Lezione di Economia Marche (lezione intitolata alla rivista di economia applicata promossa dalla Fondazione Aristide Merloni e dall’Università Politecnica delle Marche), tenuta giovedì scorso ad Ancona e dedicata proprio alla relazione fra Pnrr e coesione territoriale. Per evitare questo rischio la professoressa Faggian ha enfatizzato il ruolo del monitoraggio e della valutazione in itinere che può consentire di intervenire per tempo nell’allocazione delle risorse. Bene fa, quindi, questo giornale a seguire con attenzione l’utilizzo dei fondi Pnrr nella nostra regione; come nell’articolo di lunedì scorso di Martina Marinangeli nel quale si evidenziava che l’ammontare di risorse verso la regione è arrivato ad oggi a 3,5 miliardi di Euro, spalmati in oltre 5mila progetti. Sarà importante continuare a monitorare il loro impiego e gli effetti che saranno in grado di produrre.

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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