Una trasformazione epocale: rendere le società sostenibili

Una trasformazione epocale: rendere le società sostenibili

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 31 Marzo 2021, 10:35 - Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 21:26

La situazione di grande difficoltà dal punto di vista sociale ed economico che stiamo vivendo da oltre un anno ha messo in ombra il fatto che siamo entrati in una fase di trasformazione epocale nei modi di produzione e di consumo. Una trasformazione che è sostenuta dal progresso delle tecnologie digitali e che non è rinviabile se vogliamo rendere le nostre società sostenibili in termini sociali e ambientali. La scommessa che le nuove tecnologie possono aiutarci a vincere è quella di ridurre in modo significativo l’impatto delle attività umane sull’ambiente senza compromettere i livelli di benessere fin qui raggiunti. Gli esempi di questo connubio virtuoso sono numerosi. I robot collaborativi e intelligenti consentiranno di effettuare lavorazioni con molta più efficienza, velocità e minor consumo di energia di quanto non avvenga attualmente. La sostituzione della auto in proprietà con sistemi pay per use consentirà di ridurre drasticamente la produzione e la circolazione di auto e di aumentarne l’efficienza di utilizzo, senza per questo ridurre la mobilità delle persone. La transizione ecologica, per la quale l’UE ha fissato obiettivi ambizioni per i prossimi decenni, è destinata ad accelerare non solo per le possibilità offerte dalle nuove tecnologie ma anche per la maggiore sensibilità dei cittadini sui temi della salvaguardia ambientale. Secondo le ultime rilevazioni di Eurobarometro il 93% dei cittadini europei considera il cambiamento climatico un problema serio e ritiene di dover fare qualcosa per contrastarlo; l’80% è anche convinto che la transizione ecologica si associa alla possibilità di accelerare sul fronte dell’innovazione. Entrambe queste convinzioni sono importanti poiché legittimano gli interventi di policy a favore della transizione ecologica e digitale. L’ampio consenso sull’obiettivo finale non deve farci dimenticare che questa accelerazione implicherà costi economici e sociali considerevoli, associati in primo luogo alla riduzione o alla scomparsa di intere categorie di lavori. Fra i ruoli considerati a rischio vi sono non solo quelli esecutivi e routinari, come gli addetti alle casse o all’assemblaggio, gli autisti o i postini, ma anche un insieme rilevante di impiegati di medio e alto livello, sostituiti dalle piattaforme digitali e dalle applicazioni dell’intelligenza artificiale; è il caso degli addetti agli sportelli, degli analisti finanziari o degli impiegati amministrativi.

Anche alcune attività ad elevato contenuto professionale, come le operazioni chirurgiche, saranno in gran parte svolte da robot, riducendo di conseguenza la necessità di impiego di personale specializzato. Al contempo incrementerà in misura considerevole la domanda di nuove figure professionali, gran parte delle quali legate allo sviluppo e all’utilizzo delle nuove tecnologie digitali. Diversi studi sembrano ottimisti sul fatto che il saldo complessivo sarà positivo: la domanda per i nuovi lavori e le nuove professioni sarà in grado di compensare le perdite. Non è detto, però, che questa sostituzione riguardi gli stessi lavoratori o avvenga all’interno delle stesse imprese e degli stessi territori. Per quanto si è visto negli ultimi decenni, la trasformazione digitale ed ecologica sta determinando un incremento del già elevato livello di disuguaglianza nella distribuzione delle opportunità, dei redditi e della ricchezza; sia fra le persone sia fra i territori. L’Italia in generale e le Marche in particolare sono in una posizione critica. L’accelerazione della transizione rischia di penalizzarle poiché partono da posizioni di ritardo. Il rischio è di subire la riduzione dei posti di lavoro nelle attività che saranno sempre più ‘ridondanti’ ma di non crearne a sufficienza nelle nuove attività. Per questo, nei prossimi anni sarà necessario muoversi in un difficile equilibrio fra la necessità di favorire il cambiamento e quella di contenere i costi sociali della trasformazione. L’elemento chiave è costituito dall’investimento in formazione, sia delle nuove generazioni sia degli attuali occupati. A giudicare dall’impegno di risorse in questo ambito l’impressione è che non vi sia ancora sufficiente consapevolezza della sua rilevanza. 

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni

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