Una regione policentrica di fronte a nuovi scenari

Una regione policentrica di fronte a nuovi scenari

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 27 Gennaio 2021, 10:30

Due notizie della scorsa settimana, la mancata designazione di Ancona a capitale italiana della cultura e la sospensione del Frecciarossa Ancona-Milano, hanno riproposto il tema della progressiva marginalizzazione della regione e del suo capoluogo. Per quanto concerne la mancata designazione di Ancona non va dimenticato che si trattava di una competizione con un unico vincitore; la probabilità di successo era pertanto bassa. E’ stato sicuramente utile competere mentre ha poco senso, col senno di poi, attribuire il mancato successo al modo con il quale è stata gestita la proposta. E’ possibile che si potesse fare meglio, ma di questo ci si rende conto perché si è deciso di competere. Per questo il lavoro preparatorio alla candidatura non è stato vano e le idee sviluppate, così come l’esperienza maturata, potranno essere validamente sfruttare nei prossimi anni. Certo, la vittoria avrebbe significato molto per la visibilità di Ancona e delle Marche e per rafforzare il ruolo del capoluogo. Ma non è detto che sarebbe stato un elemento decisivo. Quello che conta è la direzione intrapresa e la sistematicità con la quale si riuscirà a procedere. La candidatura è un buon inizio e va considerato come il primo passo di un percorso che ha necessariamente tempi lunghi. La seconda notizia, la soppressione del Frecciarossa per Milano, apparentemente meno rilevante, è una notizia più preoccupante. Poiché è il risultato di una situazione non facilmente modificabile: il fatto che Ancona manca di massa critica sufficiente, in termini di popolazione e attività, per rendere sostenibile un collegamento giornaliero ad alta velocità su Milano. In questo ambito Ancona dovrebbe essere considerata non solo per sé ma anche come capoluogo regionale; e la sua stazione ferroviaria come un hub (cioè punto di snodo e concentrazione) per l’intera regione. Anche da questo punto di vista le cose non sono semplici poiché anche fuori del capoluogo prevale la frammentazione. E’ notizia recente il fatto che Civitanova Marche e San Benedetto del Tronto hanno superato per numero di abitanti i rispettivi capoluoghi provinciali: Macerata e Ascoli Piceno. Risultato del continuo scivolamento di popolazione dall’entroterra verso la costa.

Quello che conta in questo caso è il fatto che questo processo accentua il già elevato carattere policentrico della regione. Carattere al quale possono attribuirsi diversi aspetti positivi ma che crea non pochi problemi di efficacia e di efficienza nell’organizzazione dei servizi pubblici, primo fra tutti quello dei trasporti. Occorrerebbe ipotizzare una rete di servizi punto a punto sia fra i vari centri sia fra questi e l’hub regionale; ma è probabile che per nessuno di questi collegamenti si riuscirebbe ad avere un traffico sufficiente a giustificarne i costi. A ciò si somma il problema dei collegamenti con la miriade di centri minori e di insediamenti sparsi per i quali il trasporto privato è probabilmente l’unica soluzione possibile. Negli ultimi tempi si è diffusa l’idea che l’accelerazione nello smart working determinata dalla necessità di fronteggiare l’epidemia da Covid-19 porterà ad una rivalutazione dell’insediamento nei centri periferici a scapito dei grandi agglomerati urbani. L’irrilevanza della distanza fisica e degli spostamenti era già stata teorizzata qualche decennio fa all’avvento di Internet. In realtà la rivoluzione digitale ha prodotto esattamente l’effetto contrario: sono stati i grandi agglomerati urbani ad avvantaggiarsi maggiormente delle nuove tecnologie. La mobilità continuerà ad essere un elemento fondamentale di attrazione dei luoghi anche nell’era dello smart working; con in più il fatto che dovrà trattarsi di soluzioni sostenibili non solo dal punto di vista economico ma anche ambientale. Le grandi città stanno muovendo rapidamente verso soluzioni di smart mobility, che accresceranno il loro potere attrattivo. Le regioni periferiche, come le Marche, dovrebbero smettere di sussidiare forme di trasporto obsolete e non più sostenibili (né economicamente né per l’ambiente) e impegnarsi nella ricerca di soluzioni di smart mobility compatibili con un contesto policentrico e a bassa densità di popolazione.

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni
 

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