Sul Messaggero di domenica scorsa Paola Severino, vice presidente della Luiss, è intervenuta sul tema della valorizzazione del merito. Tema strettamente collegato a quello del mio articolo della scorsa settimana sulle difficoltà del nostro paese ad attrarre e trattenere talenti. È un tema annoso. Sulla carta vi è largo consenso all’idea di riconoscere e premiare il merito. Di fatto, la questione continua ad essere irrisolta come dimostrano le statistiche che avevo commentato nello scorso articolo e le continue discussioni sul tema. Un tema che riguarda tutti gli ambiti dell’economia e della società ma è particolarmente rilevante nella pubblica amministrazione. Una delle ragioni che spiegano la difficoltà a riconoscere e valorizzare il merito è l’eccesso di attenzione sul momento della selezione delle persone, mentre minore attenzione viene prestata alla valutazione dei risultati da esse ci si attende una volta selezionate. Negli ultimi decenni sono state continuamente modificate le regole di svolgimento dei concorsi pubblici al fine di assicurare che la selezione avvenisse con criteri quanto più possibile ‘oggettivi’, limitando in tal modo la discrezionalità della scelta. Il problema è che proprio per le posizioni più elevate, nelle quali il merito è particolarmente rilevante, l’idea di affidarsi a meccanismi oggettivi presenta evidenti limitazioni. La selezione in base al merito è fatta per scegliere le persone maggiormente adatte a ricoprire le diverse posizioni. L’adatto fa riferimento ai risultati che si si attende dalla persona: che si tratti di un dirigente pubblico, di un docente universitario o di un primario ospedaliero, o di un impiegato in posizioni intermedie. La valutazione è complessa e non sempre riducibile a meccanismi automatici. In ogni caso, va considerato che il momento della selezione è essenziale ma subordinato rispetto all’obiettivo principale; che è quello dei risultati che ci si aspetta dalle persone selezionate. Nella pubblica amministrazione si presta ancora scarsa attenzione ai meccanismi di valutazione dei risultati. A che scopo selezionare le persone migliori se poi i risultati che da essi ci si attende non sono adeguatamente misurati e, soprattutto, non costituiscono la base su cui sono commisurate le remunerazioni e condizionati gli avanzamenti di carriera? Il meccanismo dei concorsi, associato alla scarsa efficacia dei controlli ex-post, tende a deresponsabilizzare chi è chiamato a fare la selezione.
*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni