La straordinaria affermazione degli atleti italiani nelle gare di velocità alle olimpiadi di Tokio è stata utilizzata da molto commentatori come metafora della progressiva accelerazione della crescita economica registrata dal nostro paese negli ultimi mesi. Sulla base delle informazioni contenute nell’ultimo Bollettino Economico di Banca d’Italia la dinamica del Pil, già positiva nella prima parte dell’anno, è prevista in accelerazione a partire dal terzo trimestre. Nella media del 2021, la crescita del Pil viene stimata al +5,1%. Il ritmo di crescita è destinato a rimanere elevato nel biennio successivo con una stima del +4,4% nel 2022 e del +2,3% nel 2023. E’ vero che si tratta di un rimbalzo dopo la caduta del 2020; ma si tratta comunque di una crescita rilevante per intensità e durata, che il nostro paese non sperimentava da decenni. Con questo ritmo di crescita il Pil tornerebbe sui livelli precedenti la crisi pandemica nella seconda metà del 2022. E’ una situazione ben diversa da quella che si era verificata dopo la crisi finanziaria del 2008-2009, risultato delle tempestive politiche espansive messe in atto a livello nazionale ed europeo. Una parte consistente di questa crescita è infatti dovuta agli interventi finanziati con il bilancio nazionale e con i fondi europei. Il presupposto di queste previsioni è, infatti, che gli interventi previsti nel Pnrr siano realizzati con efficacia e senza ritardi. Su questi obiettivi il nostro paese si gioca non solo l’intensità della ripresa nei prossimi anni ma anche le possibilità di crescita a medio e lungo termine. Occorrerà per questo concentrare su di essi tutte le energie e le attenzioni sia a livello nazionale sia a livello locale. In un quadro congiunturale orientato all’ottimismo non mancano elementi di preoccupazione che riguardano sia le perduranti debolezze strutturali del nostro paese, difficilmente superabili in pochi anni, sia gli inevitabili squilibri prodotti dall’intenso processo di crescita dei prossimi anni. Le differenze continueranno a manifestarsi sia fra i diversi settori sia, soprattutto, a livello d’impresa. Questi squilibri sono avranno inevitabilmente effetti anche sui divari territoriali.
*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni