Il ruolo delle nostre università negli ecosistemi dell’innovazione

Il ruolo delle nostre università negli ecosistemi dell’innovazione

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 17 Novembre 2021, 10:25

Dopo oltre un anno e mezzo di webinar e incontri on line la scorsa settimana sono stato a Bruxelles per un incontro in presenza. I continui controlli del green pass, le mascherine, i saluti con i gomiti e il distanziamento fanno capire che non siamo ancora alla normalità. Tuttavia, adottando le dovute precauzioni possiamo andarci vicino; con i vantaggi che ne conseguono nell’interazione diretta con le persone. L’occasione dell’incontro è stata la presentazione alla commissaria Marya Gabriel (commissaria Europea per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù) dei risultati di un’indagine condotta dall’Eua (European University Association) sul ruolo delle università negli ecosistemi dell’innovazione. Il concetto di ecosistema dell’innovazione è diventato sempre più popolare negli ultimi anni poiché è sempre più evidente che la capacità innovativa delle imprese è funzione non solo delle caratteristiche e delle azioni delle imprese stesse ma anche del contesto locale nel quale sono inserite. Questo concetto non è nuovo poiché da decenni gli studiosi dell’innovazione hanno messo in evidenza l’importanza di ragionare in termini sistemici; considerando i sistemi nazionali o i sistemi regionali dell’innovazione. Da qualche tempo si preferire il termine ecosistema per analogia con le caratteristiche e il funzionamento degli ecosistemi biologici. Il nuovo termine vuole sottolineare la complessità di questi sistemi e l’importanza delle relazioni di influenza reciproca fra i diversi attori. Nel definire le caratteristiche di un ecosistema sono rilevanti diversi aspetti: la presenza di specifici attori, i loro comportamenti e, soprattutto, l’intreccio delle relazioni fra gli stessi. Non è semplice delimitare l’ambito territoriale che definisce un ecosistema dell’innovazione. Data l’importanza delle relazioni fra i soggetti dell’ecosistema si tratta di ambiti relativamente ristretti. Per comodità nella disponibilità dei dati si fa spesso riferimento agli ambiti amministrativi, regionali o provinciali. Nella realtà gli ecosistemi innovativi si declinano anche a scala territoriale più piccola, come nel caso dei contesti urbani.

Possiamo considerare un ecosistema innovativo come risultato della sovrapposizione di cerchi concentrici sempre più larghi: vi sono caratteristiche che riguardano l’ambito strettamente locale (essere localizzati ad Ancona o a Pesaro è diverso che essere localizzati in un piccolo comune dell’interno); aspetti che riguardano l’ambito regionale (il contesto delle Marche è diverso da quello dell’Emilia-Romagna); aspetti che rimandano al contesto nazionale (operare in Italia è diverso che fare impresa in Germania). L’ambito regionale è quello utilizzato più di frequente per caratterizzare gli ecosistemi innovativi poiché una parte consistenze delle relazioni rilevanti ai fini dell’innovazione si sviluppa in questo ambito: le relazioni di filiera, le interazioni con il sistema della formazione e della ricerca, le politiche regionali di sostegno all’innovazione. Il tema dell’incontro di Bruxelles era il ruolo chiave che le università stanno assumendo all’interno degli ecosistemi innovativi e le modalità per renderlo ancora più efficace. Questo ruolo è associato a due aspetti: la formazione delle risorse umane e la ricerca. Non è un ruolo scontato. Se guardiamo all’esperienza dei distretti industriali delle Marche, per molti decenni l’attività innovativa delle imprese si è fondata sul learning by doing piuttosto che sull’acquisizione di personale qualificato o sulla ricerca. Questo modello è ancora quello dominante nella regione. L’ultimo scoreboard dell’Ue sull’innovazione a livello regionale segnala che gli aspetti nei quali le Marche sono più lontane dalla media Ue sono proprio la presenza nelle imprese di personale con elevati livelli di formazione e il basso impegno nella spesa in ricerca e sviluppo. Vi è quindi ampio spazio per migliorare la relazione fra sistema della ricerca e sistema delle imprese. Il Pnrr prevede risorse e azione specifiche in questo ambito. E’ un’occasione che la nostra regione dovrà sfruttare al meglio per colmare o almeno ridurre i ritardi accumulati su questo fronte. 

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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