Il passo da tenere nel 2022 per le Marche che crescono

Il passo da tenere nel 2022 per le Marche che crescono

di Donato Iacobucci
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 5 Gennaio 2022, 09:00

L’anno appena iniziato sarà decisivo per le prospettive di sviluppo dell’economia italiana e regionale. Sulla carta le aspettative sono positive. L’ultima nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza presentato nel settembre scorso dal governo prevede un tasso di crescita del 4,2%, in rallentamento rispetto al 6% del 2021 ma pur sempre fra i più alti degli ultimi decenni. Le Marche sono riuscite ad agganciare la ripresa nel 2021 e non vi è ragione di ritenere che non siano in grado di tenere il passo anche nel 2022. Le ultime previsioni della Svimez attribuiscono alle Marche un tasso di crescita leggermente inferiore a quello medio nazionale nei prossimi anni. La differenza è minima e vi sono i margini per recuperare, anche grazie alle ingenti risorse nazionali ed europee che stanno arrivando alla nostra regione. La vera scommessa, per la Marche come per l’Italia, non è tanto su qualche decimale in più o in meno di crescita del PIL quanto sulla capacità di creare le premesse per assicurare la continuità dello sviluppo a lungo termine. A questo scopo vi sono alcune questioni che debbono essere affrontate e, se possibile, risolte. La prima riguarda il fatto che la crescita, per quanto sostenuta, non sarà omogenea e rischia di acuire le disuguagliane a diversi livelli: fra territori, fra settori e fra categorie di lavoratori. Ne abbiamo drammatica evidenza in questi mesi. Malgrado l’elevato tasso di crescita del PIL sono numerose le situazioni di crisi aziendale e occupazionale, molte delle quali di difficile soluzione. Questa situazione è destinata a permanere o addirittura ad accentuarsi nei prossimi anni a causa dell’accelerazione nella transizione digitale ed ecologica; spinta dagli interventi del Pnrr, dall’evoluzione della tecnologia e del quadro normativo, oltre che dai cambiamenti nei modelli di consumo. Per fronteggiare questa situazione occorre mettere in atto meccanismi molto più incisivi di quelli esistenti per la formazione e la mobilità dei lavoratori. Tanto nel privato quanto nel pubblico. L’obiettivo non può essere quello di ‘salvaguardare’ gli attuali posti di lavoro, molti dei quali sono inevitabilmente destinati a scomparire, ma favorire le possibilità di impiego delle persone accrescendone e valorizzandone le competenze.

Altrimenti si rischia il paradosso di avere imprese che potrebbero crescere e che non riescono a farlo per carenza di risorse umane e allo stesso tempo un incremento delle persone disoccupate. Un ruolo fondamentale in questo senso assumerà la messa a punto di un efficace sistema di formazione professionale e “life-long learning”, cioè della formazione lungo tutto l’arco della vita lavorativa. Tutti gli ambiti lavorativi, a qualunque livello di qualificazione, saranno investiti dalla rivoluzione digitale ed ecologia e necessiteranno di un continuo aggiornamento delle competenze. Le singole imprese sono restie a sostenere per intero i costi di questo aggiornamento per il quale occorrerà un importante impegno di risorse pubbliche. La formazione andrebbe sostenuta e incentivata prima e più di quanto non si incentivi l’acquisto di nuove tecnologie. Collegato a questo tema vi è la seconda questione da affrontare nei prossimi anni, associata alla capacità di utilizzare al meglio le ingenti risorse messe a disposizione dal PNRR. Anche in questo caso si rischia il paradosso di un paese che ha uno dei più bassi tassi di attività, cioè la quota di persone che lavorano, e che rischia di non avere sufficienti risorse umane per utilizzare al meglio le risorse finanziarie disponibili nei prossimi anni. La possibilità di far coincidere la richiesta di risorse umane necessarie a realizzare i progetti con gli interessi e le aspirazioni delle persone attualmente inoccupate non è né semplice né immediata. Anche in questo caso la chiave fondamentale è nella messa a punto di un efficace sistema di formazione e aggiornamento delle competenze, nella logica del life long learning. Il Pnrr prevede un potenziamento degli interventi in questo ambito. La vera sfida sarà di non considerali come interventi straordinari ma come l’occasione per mettere a punto un sistema efficace e destinato a durare nel tempo.

* Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

© RIPRODUZIONE RISERVATA