È appena passato il 2020, anno per molti da dimenticare e per tanti da cancellare per il male che ha portato. Sono immagini drammatiche quelle che abbiamo ancora dinanzi a noi: vedere un proprio caro entrare in un’ambulanza per poi non poterlo neanche più riabbracciare, lo strazio di perdere un giovane figlio o sposo sempre a causa del Covid e spegnersi tutti i progetti sognati insieme... Un pensiero va anche a chi ha silenziosamente patito la solitudine, ha perso l’occupazione, è malato e continua tuttora a soffrire le conseguenze di quanto sta accadendo. La pandemia ha destabilizzato tutti i rapporti tra le persone, reso insicura l’umanità nei modi di vivere, interagire e socializzare, nelle attività didattiche e lavorative. Sicuramente più di qualcuno ci avrà anche guadagnato da questa sciagura individuale e collettiva (vogliamo credere in modo legittimo e onesto) anche se stiamo purtroppo ascoltando dalle cronache come le varie mafie, comportandosi da avvoltoi senza scrupoli, si avventano sulle loro prede, aggiungendo drammi al dramma. È fondamentale che le istituzioni vigilino affinché approfittatori e speculatori non si prendano gioco dei disperati, come avvenuto in altre situazioni. Tutta la società civile, inoltre, ha il dovere di reagire energicamente e in modo costruttivo, senza cedimenti, impedendo che prevalgano personalismi ed egoismi in tutti i campi. La Chiesa Cattolica, come tutti gli altri settori della collettività, è stata duramente provata da questa grave emergenza, impegnata com’è a stare accanto ai più deboli, nonostante le tante limitazioni. Abbiamo visto uomini e donne esemplari, eroi della porta accanto che, ricompensati solo dalla soddisfazione di aver compiuto del bene per il prossimo, ci hanno commosso e scaldato il cuore, per non parlare dei tanti operatori sanitari che hanno sacrificato anche le proprie famiglie e rischiato in prima persona per soccorrere gli ammalati. Da questa pandemia abbiamo imparato così tanto, specialmente la preziosità di quella libertà nel rapportarsi e nel poter socializzare: insomma la gioia dell’abbraccio e dei volti sorridenti che il 2020 ci ha rubato. Ripercorrendo quanto stiamo passando, «forse – come scritto da Papa Francesco per il Te Deum di ringraziamento di fine anno – possiamo trovare un senso di questo dramma che è la pandemia, come di altri flagelli che colpiscono l’umanità: quello di suscitare in noi la compassione e provocare atteggiamenti e gesti di vicinanza, di cura, di solidarietà, di affetto».
*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII