La fotografia che i report anagrafici offrono dell’Italia è sconfortante. Le statistiche sulla natalità racchiudono il tragico fallimento del ventennale oblio attorno alla famiglia. Rivolgendo gratitudine e affetto a tutte le mamme del mondo nel giorno della festa a loro dedicata, non possiamo far finta di non vedere le culle vuote, effetto più evidente di un malessere sociale che ha radici avvelenate e purtroppo consolidate. La crisi identitaria ha terremotato le basi della convivenza fino a togliere valore alla trasmissione di conoscenze e affetti tra le generazioni. Una comunità priva di memoria si condanna a non avere futuro. Nei momenti successivi a disastri epocali come le guerre la curva delle nascite si è sempre impennata. Il motivo era che i giovani traevano dai padri e dai nonni l’insegnamento che la vita è sempre sacra. Quindi non esistono condizioni materiali che possano mettere in discussione il dono di un figlio. Non è solo per carenza di mezzi che si rimanda o si rinuncia alla genitorialità, ma anche per la perdita di centralità della famiglia. Anzi, nel momento in cui diventa suscettibile di attacchi anche il ribadire l’indispensabilità della crescita demografica per uscire dall’attuale crisi strutturale, risuonano profetiche le parole di don Oreste Benzi, in preghiera davanti alle cliniche degli aborti: «Mamma, papà, lasciatemi nascere!». Ecco, venire al mondo equivale a offrire un’opportunità di avvenire all’umanità intera. Non c’è foresta che possa avere un domani se smettiamo di piantare alberi. Invece la nostra sollecitudine individuale e collettiva è rivolta piuttosto all’effimera contabilizzazione di esperienze e beni materiali, piuttosto che a gettare il seme di un futuro nucleo familiare, quasi che non fossero più di moda l’impegno coniugale e la fedeltà a un progetto condiviso. Le agenzie educative hanno attenuato la loro attenzione verso le tappe decisive dell’esistenza, perciò diventa normale atteggiarsi ad adolescenti quando si è già in età matura e procrastinare continuamente le decisioni da cui dipendono le basilari progettualità di coppia. Ci si ritrova così a scontrarsi con le barriere temporali poste dalla fisiologia e ad accorgersi della bellezza della paternità e della maternità quando ormai si può solo rimpiangerla.
*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII