«Esercitare violenza contro una donna o sfruttarla non è un semplice reato, è un crimine che distrugge l’armonia, la poesia e la bellezza che Dio ha voluto dare al mondo». Le parole di Papa Francesco, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, evidenziano ancora una volta l’importanza di non restare indifferenti di fronte alle piaghe della società e di promuovere azioni concrete per proteggere ogni persona e la sua dignità. In questi giorni abbiamo potuto osservare gli sguardi limpidi e fieri delle ragazze coraggiosamente scese in piazza a Teheran. Anche nei loro volti è racchiuso il senso di questa Giornata mondiale. Sono migliaia le iraniane uccise o ferite nella brutale repressione in atto. È l’ennesima, tragica conferma di una legge universale: dove c’è violenza, non c’è libertà. Da sempre il magistero della Chiesa deplora l’assoggettamento come una grave privazione di beni materiali, sociali, culturali che calpesta la dignità della persona. E ancora oggi nel mondo sono in prevalenza donne coloro che maggiormente soffrono di condizioni disumane per quanto riguarda il cibo, l’alloggio, l’accesso alle cure mediche, l’istruzione, il lavoro, le libertà fondamentali. Non fanno quasi più notizia le donne che subiscono la violenza domestica inflitta da carnefici incapaci di accettarne il progresso e il contributo al miglioramento della collettività; né le migranti (madri e figlie) respinte nelle tante frontiere del mondo mentre scappano dall’orrore di ataviche sopraffazioni. E non ricevono la “pietas” neppure le vittime di efferate esplosioni di brutalità come le tre donne vulnerabili uccise a Roma, nell’indifferenza di una comunità pronta a giudicarle invece di piangerle. E non è forse violenza anche la pratica umiliante dell’utero in affitto? Nessuna violenza di genere è più ignobile di quella perpetrata nei confronti delle più indifese delle creature. Nell’introduzione al mio libro “Donne crocifisse”, Papa Francesco ha chiesto perdono a nome di tutti gli uomini alle vittime della tratta: «Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme».
* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII