Il traffico di esseri umani nel ricordo di santa Bakhita

Il traffico di esseri umani nel ricordo di santa Bakhita

di Don Aldo Buonaiuto
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Domenica 13 Febbraio 2022, 08:40

Non c’è povero più umiliato di chi si vede sottratta la propria dignità. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso di insediamento, aveva gettato come una spada nel mondo la tragedia individuale e collettiva del traffico di esseri umani. In questa settimana l’opinione pubblica è stata fortemente sollecitata a riflettere su questa terribile piaga. Martedì la Chiesa ha fatto memoria di santa Giuseppina Bakhita e celebrato la Giornata mondiale di preghiera contro la tratta di persone. Santa Bakhita, la suora sudanese che da bambina visse la drammatica esperienza di essere rapita e fatta schiava, è divenuta il simbolo universale dell’impegno della comunità ecclesiale contro la tratta. In occasione della Giornata si è realizzata una maratona di preghiera che ha coinvolto l’intero globo, dall’Oceania alle Americhe, attraverso una diretta streaming su internet con traduzioni in cinque lingue. Pregare per le vittime di tratta significa ribellarsi all’ingiustizia dell’indifferenza: nessuno può fingere di non sapere. Papa Francesco, nel recente colloquio alla televisione pubblica italiana, ha ribadito il diritto di essere perdonati, quindi coloro che infliggono l’inferno in terra alle più fragili delle creature si convertano e smettano di sfruttare e brutalizzare le nostre sorelle. Parliamo di un’emergenza planetaria - non affatto lontana dal nostro territorio - che deve interpellare la coscienza di ogni uomo o donna, per il suo carattere transnazionale. Bisogna partire dalle scuole, educare i giovani al rispetto dell’altro, far comprendere che dobbiamo schierarci al fianco di quanti subiscono soprusi e torture essendo privati della loro libertà e dignità. La Comunità Giovanni XXIII, continuando la battaglia del suo fondatore don Oreste Benzi, oltre all’impegno delle unità di strada e al rosario nei luoghi della prostituzione coatta, come quello recitato il sabato sera da 20 anni a Perugia, ha avviato nuovi team per occuparsi del fenomeno indoor, sempre con l’intento di incontrare le donne e proporre loro la liberazione dal racket. Tocca a ciascuno di noi testimoniare un modello sociale di ritorno alla vita sotto forma di redenzione e possibilità di riabilitazione.

Gli aguzzini hanno la possibilità di rifarsi un’esistenza solo se riparano al male fatto, se intraprendono un sincero percorso di trasformazione che metta al centro il recupero di una dimensione etica finora calpestata. Stessa dinamica di allontanamento dal male deve riguardare i cosiddetti clienti del mercimonio, correi di un crimine contro l’umanità, complici di un olocausto silenzioso che si consuma ogni notte negli angoli bui della nostra coscienza sociale. Poi, ovviamente, il fulcro di questa ridefinizione socio-morale sono le vittime della tratta, coloro per le quali non esiste opportunità di rinascita senza una liberazione che reclama la nostra fattiva partecipazione. Se ciascuno di noi smette di voltare la testa dall’altra parte, le “schiave del terzo millennio” avranno la chance di uscire dai loro lager. Questa ultima, fortissima parola il Pontefice non ha avuto paura di usarla deplorando la cultura dello scarto che alza muri e ghettizza i deboli. Allo stesso modo Francesco, nella prefazione al mio libro “Donne crocifisse”, non ha esitato a riflettere sull’attitudine malvagia di approfittarsi di chi non può difendersi: “Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme. Liberare queste povere schiave è un gesto di misericordia e un dovere per tutti gli uomini di buona volontà”. Farsi portavoce delle fragilità afone non è solo compito della religione, bensì priorità per le istituzioni civili che, come ha ricordato il Papa, tendono sempre a mettere in secondo piano tutti i soggetti indifesi e privi di potere economico, sociale e politico. Non c’è rappresentanza per coloro che non scendono in piazza, non spostano flussi di voti, non determinano il reddito di una Nazione. Però un giorno saremo tutti giudicati sul modo in cui stiamo trattando le vittime dei moderni schiavisti.

* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

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