Servono nuovi linguaggi per comunicare la fede

Servono nuovi linguaggi per comunicare la fede

di Don Aldo Buonaiuto
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Domenica 28 Giugno 2020, 02:55
«Nessuno sia lasciato solo nel suo cammino di fede». È questo uno degli obiettivi che si pone il Direttorio per la catechesi, il nuovo testo appena presentato dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Il documento ricorda innanzitutto che ogni battezzato è discepolo missionario e che urgono impegno e responsabilità per trovare nuovi linguaggi con cui comunicare la fede. Rintraccia tre presupposti fondamentali affinché ciò avvenga. In primis, la testimonianza, perché «la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione». L’esempio del cristiano, infatti, nell’attuale società secolarizzata, è inevitabilmente controcorrente; la vera sfida è di essere nel mondo, non appartenendo ad esso, abbandonando stili di vita illusori, mediocri e incoerenti. Il secondo presupposto è la misericordia, che rende autentica la catechesi e credibile l’annuncio della fede. Infine, il terzo principio è il dialogo, quello libero e gratuito, che non obbliga ma che, partendo dall’amore, contribuisce alla pace. A nulla serve il bombardamento di messaggi religiosi: occorre sapersi inserire nella comunicazione con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, offrendo loro il Vangelo. E allora è vitale trovare energie fresche e un’immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio, anche attraverso il grande patrimonio di arte, letteratura e musica che le Chiese locali posseggono. È urgente e necessario proporre a ogni uomo, sia esso ricco o povero, autoctono o forestiero, normodotato o disabile, la rivoluzione del messaggio evangelico perché possa incontrare e conoscere Gesù sperimentando il dono inestimabile della salvezza, che per tutti è sorgente di vita in abbondanza. «E poi – ha spiegato monsignor Rino Fisichella – c’è il tentativo di fare uscire la catechesi dalle strette del dover ricevere un Sacramento. Non si fa catechesi per ricevere un Sacramento, ma per comprendere meglio il mistero della nostra vita inserito nel mistero di Cristo e, quindi, di come mettersi ognuno di noi con i propri doni a servizio della comunità cristiana, della Chiesa». C’è davvero bisogno di una nuova generazione di cristiani coerenti e consapevoli della loro missione che si pongono dinanzi alla collettività con uno spirito di autentico servizio, mai distante e sempre attenta alle esigenze della gente, specialmente delle persone più deboli. È importantissimo, in tale contesto, il ruolo della famiglia, soggetto attivo di evangelizzazione capace di offrire un’educazione cristiana «più testimoniata che insegnata», attraverso uno stile semplice, umile e compassionevole. Accoglienza, riconoscimento, fiducia e solidarietà sono le parole-chiave che dovrebbero accompagnare la catechesi anche nei confronti delle diverse categorie di emarginati rispondendo con la «cultura dell’inclusione» a quella «dello scarto». Le carceri sono una reale “terra di missione” a favore dei detenuti che possono beneficiare di un sincero annuncio della salvezza in Cristo. Tra i diversi argomenti affrontati dal nuovo Direttorio è presente anche un forte richiamo a una «conversione ecologica profonda» – perché «l’ecologia integrale è parte integrante della vita cristiana» – alla bioetica («non tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente ammissibile») e alla teoria del gender indicata come una «costruzione sociale che si decide autonomamente, svincolata totalmente dal sesso biologico». Infine, molta attenzione è riservata nei confronti di pregi e difetti della cultura digitale esortando catechisti a educare le persone – e in particolare i giovani – al buon uso di questi nuovi mezzi di comunicazione. Il rischio è che venga soffocata la libertà dei ragazzi con nuove forme di schiavitù e di pericoli, tra i quali è sempre in agguato quello delle sostanze stupefacenti, come ricordato nella Giornata mondiale contro la droga, celebrata venerdì scorso. La sfida a cui sono chiamati tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà è riuscire a infondere una sana passione per la bellezza di ogni vita senza essere complici di un mondo che vorrebbe imporre sempre più l’assenza di Dio.

*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
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