Una catena di solidarietà nelle terre coperte di fango

Una catena di solidarietà nelle terre coperte di fango

di Don Aldo Buonaiuto
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Lunedì 22 Maggio 2023, 07:13

Una nuova tragedia senza precedenti ha attanagliato in questi giorni il nostro Paese, colpito da alluvioni ed esondazioni, con un pesante fardello di morti, dispersi, sfollati e danni economici incalcolabili. Il bilancio è sconfortante anche a causa dell’elevato numero di comuni colpiti, frane e strade interrotte. All’impressionante disastro si contrappone la catena di solidarietà umana che si è attivata con grande tempestività: giovani, volontari da tutta Italia hanno raggiunto le zone più colpite per aiutare i primi soccorritori e la gente del luogo. Tale generosità lascia ben sperare per il presente e rappresenta un viatico per un futuro di ricostruzione, con l’auspicio che le tante persone precipitate nell’insicurezza possano tornare il prima possibile a una sorta di normalità. Verrà anche il tempo per individuare le responsabilità e intervenire nel territorio affinché fatti di questo genere possano essere evitati o quanto meno limitati nel prossimo futuro. La solidarietà, la vicinanza concreta, ma anche quella indiretta, può in questo momento essere di grande conforto. Dinanzi a scenari di sofferenza e desolazione i cristiani confidano nella forza della vita e della fede che non si spengono mai e restituiscono all’uomo coraggio. I credenti che si spendono per chi si trova in difficoltà dal punto di vista abitativo ed economico mostrano realmente il volto di una Chiesa “ospedale da campo”, prossima a situazioni di indigenza e al contempo capace di curare le ferite e riscaldare il cuore dei fedeli, passando dalla compassione all’aiuto concreto. Anche il dono della preghiera è un’arma molto forte per dare sostegno spirituale e non solo materiale alle vittime. Di fronte a simili calamità l’intera comunità ecclesiale ha il compito di testimoniare con rinnovato entusiasmo che Dio entra nella storia dell’essere umano senza mai abbandonarlo; per questo bisogna lavorare insieme facendo rete e creando una fraternità che, in mezzo alle afflizioni, sostiene l’altro e così gli permette di andare avanti. Gli avvenimenti dolorosi rivelano che la vita, dono unico, irripetibile ma anche fragile, non è nelle nostre mani. Ogni triste vicenda dovrebbe insegnarci ad apprezzare maggiormente l’esistenza umana, aiutando a guarire da quell’egoismo ostinato sempre presente nel nostro cuore, perché impariamo a trasmettere efficacemente il bene, frutto soltanto dell’amore, che porta speranza. Solo in tal modo il trovare delle soluzioni dinanzi agli eventi tragici, anche se non cancella i problemi che ci sono stati, fornirà l’opportunità di far crescere i giovani con lo stesso coraggio di chi, pur nella fatica, è riuscito a rialzarsi. L’esempio del cristiano, nell’attuale società secolarizzata, è inevitabilmente controcorrente; la vera sfida è di essere nel mondo, non appartenendo ad esso, abbandonando stili di vita illusori, mediocri e incoerenti. Se vogliamo veramente prenderci cura della “nostra casa comune” non possiamo esimerci dal portare avanti il principio di un’ecologia integrale fatta di semplici gesti quotidiani nei quali viene spezzata la tragica spirale della violenza, dello sfruttamento, dell’indifferenza. Papa Francesco ha sempre denunciato con forza i danni che l’uomo infligge a madre natura sottolineando l’importanza di acquisire piena consapevolezza degli effetti dei nostri comportamenti quotidiani sul creato e l’urgenza di mitigare i crescenti squilibri che a volte generano veri e propri disastri ambientali. Nella prefazione del libro “Il gusto di cambiare. La transizione ecologica come via per la felicità”, il Pontefice ha scritto che è indispensabile «cambiare il nostro stile di vita, così predatorio verso l’ambiente. Cambiare il nostro rapporto con le risorse della Terra, che non sono infinite. Cambiare il nostro atteggiamento verso di loro, le nuove generazioni, cui stiamo rubando l’avvenire». Un’ecologia integrale, come evidenziato nell’enciclica Laudato si’, «richiede di dedicare un po’ di tempo per recuperare la serena armonia con il creato» e anche «per contemplare il Creatore, che vive tra di noi e in ciò che ci circonda, e la cui presenza non deve essere costruita, ma scoperta e svelata».

*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII 

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