Assumersi responsabilità e tenere a mente gli ultimi

Assumersi responsabilità e tenere a mente gli ultimi

di Don Aldo Bonaiuto
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Domenica 8 Marzo 2020, 06:05
L’emergenza coronavirus si autoalimenta in un contesto dove l’incertezza e la confusione sembrano regnare sovrane nell’opinione pubblica. Dinanzi alla prima epidemia dell’epoca social chiunque si sente in diritto di alimentare snervanti paure diffondendo fake news nel web e rischiando di destrutturare il tessuto morale e valoriale di una comunità già in preda a una pericolosa crisi identitaria. All’interno di questa destabilizzante cornice tutto sembra lecito e così ultimamente passa sempre di più l’idea che un’epidemia sia meno grave se colpisce principalmente la terza età e le fasce più deboli della popolazione (il refrain mediatico è: «il coronavirus provoca il decesso soltanto di anziani con patologie pregresse!»). Intanto ci si fa il callo a realtà sconvolgenti come quelle dei bambini morti di freddo in Siria mentre cercano di sfuggire ai bombardamenti oppure diventano vittime innocenti di sbarchi sulle isole greche, osteggiati dalla popolazione locale e ammantati dalla vischiosa indifferenza delle organizzazioni internazionali. Insomma, nulla fa più notizia e si finisce per confondere la già disorientata collettività alla quale non vengono date le risposte fondamentali e cioè: dove e perché nasce l’emergenza coronavirus? E soprattutto: cosa si fa in concreto per contrastare un contagio di massa ormai irreversibile? Noi, da operatori di strada, ci permettiamo di richiamare l’attenzione sugli ultimi, che di fatto sono i più colpiti, privi di voce e considerati quasi dei “vuoti a perdere”, effetti collaterali del villaggio globale nel quale merita attenzione solo chi popola i settori influenti della comunità. È inquietante che non sia stato dato spazio ai familiari delle vittime, ossia a coloro per i quali ai numeri corrispondono esseri umani spazzati via da un’epidemia sconosciuta e sulla quale non vengono fornite informazioni basilari e capaci di preparare, senza psicosi, una risposta comunitaria. Da una parte, spesso si dimentica che la vita, pur nella fragilità, non perde mai il suo valore e la sua dignità; le persone disagiate a causa di malattie o vecchiaia sono quelle membra che, come dice San Paolo, sembrano le più deboli ma in realtà sono le più necessarie perché fanno ritornare l’uomo a essere veramente umano. D’altra parte, si è costretti a constatare ancora una volta la solitudine delle famiglie con anziani affetti da gravi patologie che si scontrano con i muri dell’indifferenza di una società occupata troppo a rispecchiarsi su sé stessa per pensare agli altri. «Siamo tutti chiamati ad affrontare questa emergenza sanitaria internazionale – ha scritto il Dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita – con serietà, serenità e coraggio, rendendoci disponibili anche ad alcuni sacrifici nel nostro stile quotidiano di vita per il bene comune: il bene nostro e quello di tutti. Ognuno è chiamato a fare la propria parte, ma non è solo: abbiamo la protezione di Dio, che veglia su ciascuno di noi con l’amore di Padre, e uomini e donne che condividono con noi il cammino della vita e la solidarietà nel tempo presente e che verrà». Papa Francesco, nel messaggio per Giornata mondiale della gioventù del prossimo 5 aprile, ha evidenziato l’importanza di aprirsi al prossimo, soprattutto se in difficoltà: concreti gesti di vicinanza, come quelli compiuti da Gesù e raccontati nel Vangelo, possono “suscitare forze di risurrezione”. I virus non hanno confini, nessuno si salva da solo e per un problema globale è inutile cadere in un gioco di opposti estremismi che vede irresponsabilmente minimizzare o esasperare le dimensioni dell’allerta. La verità vi farà liberi, dice Gesù, perciò va detto ciò che è indispensabile senza usare il popolo per i propri giochi di potere. Il virus che supera per contagiosità il Covid-19 è la sistematica diffusione di notizie contraddittorie o sensazionalistiche. In ogni ambito comunicativo è necessario favorire un rasserenamento consapevole nell’opinione pubblica, in un’epoca quanto mai bisognosa di voci libere e coraggiose che, senza seminare odio, si assumano la responsabilità di essere sempre luce, anche quando nessuno sembra prestare ascolto alla voce degli ultimi.

*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
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