Tutto può succedere in questa folle, imprevedibile estate sportiva italiana, le Marche in vetrina, i balzi di Tamberi, la Banda Mancini che riporta la coppa a casa, e ci scuseranno gli amici inglesi ma la realtà è questa e va detta, da noi le coppe son di casa, voi ne avete una e pure conquistata con il contributo del più grave errore arbitrale della storia del calcio. Tutto può succedere nell’estate dei trionfi dei nostri campioni. Anche che Valentino si riprenda di forza le prime pagine dei giornali del mondo intero annunciando l’addio alla MotoGp. Non vi sembra una grande vittoria? Non ci avete riflettuto abbastanza, cari miei. È qualcosa più di un podio: la conquista della consapevolezza. Per un quarto di secolo - fa impressione scritto così, vero? - Valentino non è stato soltanto un immenso campione. È stato il primattore del Motomondiale. Negli anni dei titoli a raffica come negli anni delle sconfitte. Marquez è riuscito a batterlo, non a fargli ombra. Come nessuno è mai riuscito a mettere in ombra Michael Jordan o Maradona o Muhammad Ali. In molti, e da diverse stagioni, gli consigliavano, parlando chiaro o a mezza bocca, di farsi da parte. Valentino aveva tutto il diritto di non dare ascolto, di provare fino all’ultimo e un pezzetto più in là a tornare in vetta. Anche con 42 anni sul groppone e una moto scadente, non ufficiale, sotto il sedere. Aveva il diritto di arrivarci con i suoi tempi a capire che il Tempo è l’unico avversario che non puoi sperare di sconfiggere. Lo ha capito, abbiamo il dovere di festeggiarlo e ringraziarlo per le emozioni che ci ha fatto vivere. La battaglia con Stoner a Laguna Seca non serve nemmeno riguardarla su YouTube, sappiamo tutti a memoria quelle traiettorie impossibili. Chiudi gli occhi, te le raffiguri e sei scosso dagli stessi brividi d’allora. Certo che fa strano sapere che nel prossimo Motomondiale non ci sarà Valentino. Fa più strano ancora sapere che il Campionissimo diventerà padre. Lo ha comunicato via spiritoso post su Instagram, lui vestito da medico, lo stetoscopio appoggiato sul pancione dell’amata Francesca. E la stessa aria scanzonata che ci conquistò un quarto di secolo fa, quando festeggiava col cappello da giullare, si ribattezzava Rossifumi, se ne inventava una diversa a ogni Gran Premio.
*Opinionista e critico cinematografico