Marche calde come la Puglia: servono energie rinnovabili

Marche calde come la Puglia: servono energie rinnovabili

di Sauro Longhi
4 Minuti di Lettura
Lunedì 30 Gennaio 2023, 07:00

Ancona come Brindisi, le Marche come la Puglia. In un recente studio presentato da una startup francese, Callendar, specializzata nello sviluppo di strumenti utili ad anticipare l’impatto dei cambiamenti climatici, in molte città dell’Europa sud-occidentale: Portogallo, Spagna, Francia e Italia, nel 2022 si sono registrate temperature medie di 1,38 gradi più calde del normale, prendendo come riferimento gli ultimi trenta anni. Temperature simili a quelle normalmente registrate in città che mediamente si trovano a 400 kilometri più a sud, a Brindisi appunto. L’anno appena concluso è stato caratterizzato da eventi climatici estremi, da temperature record e da un costante aumento delle concentrazioni di gas serra.

Questo è il quadro presentato ad inizio anno da Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, dedicato a monitorare il nostro pianeta e il suo ambiente a beneficio di tutti i cittadini europei. Il 2022 è stato il quinto anno più caldo a livello globale e il secondo anno più caldo per l’Europa. Un anno caratterizzato da grandi alluvioni, in Pakistan durante l’estate si sono registrate precipitazioni da record che hanno provocato esondazioni su larga scala, con ingenti distruzioni e perdite di molte vite umane. Un anno caratterizzato da un aumento persistente delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, sia per l’anidride carbonica che per il metano.

I satelliti hanno registrato valori da record: i valori più alti di anidride carbonica degli ultimi due milioni di anni. L’estate 2022 è stata la più calda mai registrata in Europa. Se non si invertono le politiche di sviluppo, si rischia di raggiungere molto velocemente i limiti di temperatura individuati dall’Accordo di Parigi, oltre i quali il pianeta potrebbe perdere il suo naturale equilibrio. Purtroppo, le emissioni di anidride carbonica, principale causa dei cambiamenti climatici, non rallentano, anzi aumentano con un ritorno pesante all’uso di fonti fossili, carbone e petrolio, indotto della crisi energetica, spinta prima dal post-Covid e poi dalla guerra in Europa. In Italia si stima che il consumo di fonti fossili è aumentato del 6 per cento contribuendo così al 75 per cento della produzione di energia primaria, con una riduzione della produzione idroelettrica crollata per la siccità.

Cosa fare? Ridurre le emissioni con la produzione di energia da fonti rinnovabili. È l’unica scelta possibile.

Ho più volte evidenziato da queste pagine del Corriere Adriatico le tante soluzioni che si possono sviluppare, occorrono politiche serie di incentivazione, norme semplici sia per salvaguardare l’ambientale che per integrare sistemi produttivi diffusi nelle infrastrutture esistenti. Ma soprattutto potenziare la rete elettrica necessaria per la raccolta e la distribuzione dell’energia. Le rinnovabili rappresentano una soluzione percorribile se si creano politiche per facilitare la realizzazione delle comunità energetiche capaci di condividere l’energia prodotta e migliorare l’impatto ambientale.

Dar la possibilità di consumare energia rinnovabile prodotta localmente eviterebbe di ricorrere a sofisticati e complessi, oltre che costosi, sistemi di accumulo elettrico, creando una rete elettrica da cui si possa attingere o caricare energia e sistemi di misura, contatori, capaci di quantificare l’energia consumata e quella prodotta con un conseguente alleggerimento delle bollette. Inoltre, nella prospettiva di una futura mobilità con veicoli elettrici, la gran parte di questi potrebbero essere ricaricati da fonti rinnovabili nei tanti periodi di pausa, visto che mediamente un’auto è utilizzata per un’ora e trenta minuti al giorno.

È necessario intraprendere con coraggio e determinazione ogni azione che favorisca l’utilizzo di fonti rinnovabili, altrimenti il prossimo anno saremo qui a commentare un ulteriore peggioramento, con innalzamenti delle temperature che ci avvicinerebbero a quelle dell’Africa. Le soluzioni dovrebbero essere sviluppate a livello globale, ma intanto noi possiamo iniziare per renderci indipendenti dal punto di vista energetico e liberi di scegliere politiche di sviluppo compatibili con l’ambiente e capaci di ridurre le tante diseguaglianze che la crisi energetica non ha fatto che aumentare.

* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione  Facoltà di Ingegneria Università Politecnica
delle Marche

© RIPRODUZIONE RISERVATA