Le guerre che rischiamo di perdere: forse quella del gas e quella del pane

Le guerre che rischiamo di perdere: forse quella del gas e quella del pane

di Sauro Longhi
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Lunedì 30 Maggio 2022, 08:30

La guerra del gas forse si è persa, continuiamo a comprare gas dalla Russia pagandolo in rubli, sostenendo i costi che Putin spende per la sua guerra. Speriamo di non perdere anche la guerra del pane. Vi è il rischio di una crisi alimentare mondiale, che colpirà soprattutto i paesi più poveri, Africa, Medio Oriente e Asia, se non si riuscirà ad esportare per mare il grano che giace nei silos dell’Ucraina. In tante parti del mondo non si avrà farina per il pane. In treno, verso i porti europei se ne trasportano 1.500 tonnellate ad ogni viaggio e, dato che in Ucraina si stimano 25 milioni di tonnellate di grano ferme nei silos, occorrerebbero quasi 17 mila viaggi, un obiettivo impensabile da raggiungere per le ridotte infrastrutture attualmente fruibili e il poco tempo disponibile: a luglio e agosto arriva il nuovo raccolto e i silos dovranno essere già vuoti per immagazzinare il grano di quest’anno.

In queste ore, dai colloqui in corso sembra accendersi qualche speranza di aprire i porti, bonificarli dalle mine, togliere i blocchi navali ancora in atto nel Mar Nero e permettere finalmente l’attracco delle navi per caricare il grano. La settimana che entra ci dirà se almeno la guerra del pane terminerà. È un’occasione per iniziare a dialogare con le parti in guerra, un’occasione per iniziare a sperimentare qualche prova di pace. Il grano sarà l’occasione per sbloccare la situazione creata nelle ultime settimane: una guerra stagnante e cruenta, con armi sempre più letali. Vi è bisogno di persone che ritornino nei campi con i trattori per salvare il grano seminato in autunno e continuare le semine primaverili. Queste sono settimane importanti se non si vuol perdere ogni tipo di raccolto e di speranza, il lavoro nei campi segue rigorosamente le stagioni, non può essere ritardato, altrimenti se ne riparla l’anno successivo. L’agricoltura ha le sue regole e le sue evidenze e tutte le attività seguono un ordine temporale preordinato come le lancette nel quadrante di un orologio.

Il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite stima che le persone sul baratro della fame sono quasi raddoppiate negli ultimi 5 anni, raggiungendo quasi 200 milioni, per una serie di fattori che vanno dalla pandemia, ai costi dell’energia, ai disastri indotti dai cambiamenti climatici.

La guerra lanciata da Putin non fa che peggiorare queste stime, con le prevedibili riduzioni della produzione di cereali in Ucraina. Tutti elementi che sono stati analizzati e discussi la scorsa settimana a Davos, nell’annuale World Economic Forum. Si prevede per quest’anno un aumento dei prezzi del grano di oltre il 40%, con i prezzi degli oli vegetali, degli altri cereali e della carne che raggiungeranno livelli ancora non prevedibili. La guerra in Ucraina creerà seri problemi per la fame nel mondo e si prevede una crisi legata al costo della vita, che è destinato a crescere significativamente. In Europa e negli Usa aumenta l’inflazione e con le crisi energetiche, alimentari e climatiche vi è la seria possibilità di una recessione mondiale, con effetti tragici per la stabilità politica e democratica globale. Queste sono le attuali previsioni, forse destinate a cambiare in peggio.

Cosa fare? Una cosa molto semplice: fermare la guerra e riprendere la strada che si era disegnata. La transizione energetica deve continuare verso le energie rinnovabili, magari aiutandoci nella fase transitoria con il metano. La transizione ecologica verso economie circolari del riuso e più sostenibili per l’ambiente deve riprendere. Il contrasto alle diseguaglianze economiche, sociali ed educative, deve rafforzarsi, reinventando i meccanismi per la ridistribuzione della ricchezza prodotta, attualmente sempre più concentrata in un numero sempre più ridotto di persone. La metà della ricchezza nel nostro pianeta è nelle mani dell’1% della popolazione. Vi sono intere popolazioni in entrambi gli emisferi che chiedono di vivere meglio, di poter mangiare ogni giorno, di educare i propri figli, di condividere una vita di pace e dignità, come ricordato da Papa Francesco, occorre preservare «il sacro diritto dei popoli alla pace».

* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione  Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche

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