L’ambiente tecnologico crea nuovi condizionamenti sociali

L’ambiente tecnologico crea nuovi condizionamenti sociali

di Rossano Buccioni
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Martedì 17 Maggio 2022, 19:53

Il XXI secolo si era aperto all’insegna dell’ottimismo digitale, un atteggiamento di fascinazione tecnologica che faceva pensare che i “big data” potessero garantire piena libertà politica dato che tutti gli strumenti di comunicazione e di diffusione dell’informazione rappresentavano un ambiente difficilmente controllabile da regimi ostili alla società aperta. Come emerge dalle forme propagandistiche esplose nella guerra in Ucraina, quella lettura sembra colpevolmente ingenua. Alcuni regimi plutocratici organizzano il loro potere di controllo a partire dall’impossibilità di dimenticare garantita dalle memorie elettroniche.

Finire nel campo visivo di una camera - o la stessa involontaria fornitura di dati sensibili - fa si che il corpo della persona interessata sia messo nella condizione di fornire delle informazioni di cui l’interessato non può più controllare l’utilizzo né impedire gli usi che ne possono risultare. Il controllo sulle persone “modello-Stasi” nel contesto dell’epoca digitale sembrava impossibile. Le forze in campo necessarie per un “controllo-leviatano” esercitato su telefoni, posta cartacea e/o incontri di persona, si credeva potessero entrare in crisi nell’era di social network, instant messaging, email o deep web. Si era certi che l’avvento di internet avrebbe portato al trionfo delle democrazie liberali, fornendo a tutti mezzi per esprimersi ed accesso all’informazione libera. Non è andata esattamente così perché sono mutati i criteri del controllo che, da quello analogico a quello digitale, ha visto la fine della legittimazione libertaria legata all’immediato utilizzo dei mezzi elettronici, con inedite forme di controllo che saldavano l’occhiuto plutocratismo della cortina di ferro alla nuova costruzione della realtà di “Homo interneticus” (L. Siegel).

I nuovi controlli di massa si esercitano in un ambiente tecnologico in cui gli strumenti artificiali non sono più interpretabili come semplificazioni funzionanti in quanto l’ottenimento dello scopo non stabilisce un dominio di senso stabilito dall’uomo. In molti Stati le tecnologie dell’informazione si sono dimostrate in grado di dar vita ad una infrastruttura tecnica a partire dalla quale soggetti diversi hanno potuto determinare veri e propri cambi di regime. Tuttavia, funzionali al concetto di “guerra ibrida”, abbiamo anche osservato come tali tecnologie possano rientrare a pieno titolo nelle strutture di controllo interno e di disinformazione strategica sul piano internazionale. Se appare facile, in un momento di crisi politica, impedire la diffusione delle notizie su carta stampata oppure oscurare il sistema di comunicazione tradizionale, risulta assai più impegnativo smantellare una rete informatica, sia essa usata dai poteri centrali o da soggetti vocati alla sovversione. Infatti, per i governi diventa sempre più difficile controllare il traffico informativo circolante in Internet perché si tratta di infrastrutture che basano la loro efficacia sull’autologia di una “vita propria”.

Detto questo, è ovvio che l’infrastruttura può fondersi con una forma centralistica di governo, assecondandone la prospettiva illiberale attraverso il coordinamento di sofisticati strumenti di controllo.

Con il controllo digitale si è operato un salto di qualità costruito all’interno di una doppia trasformazione: della persona da controllare nel suo contesto di vita e dell’eventuale reato da sanzionare. Si tratta di un ultimo tassello nell’autonomizzazione della tecnica dalla cultura. Una delle forme più diffuse di questa autonomizzazione è quella del “gaming”. Il filosofo Byung-Chul Han sostiene che “ l’uomo senza mani del futuro sceglie invece di agire. Schiaccia dei tasti per soddisfare i propri bisogni. La sua vita non è un dramma che lo spinge ad agire, ma un gioco. (…) L’uomo del futuro si avvicina a quel “phono sapiens” che traffica con le dita sullo smartphone. È affascinante l’idea che l’uomo del futuro si limiti a giocare ed a divertirsi, ma è possibile che la crescente gamizzazione del mondo della vita, capace di abbracciare tanto la comunicazione quanto il lavoro, sia interpretabile come la prova che l’era dell’umanità giocosa è in realtà cominciata da tempo?”.

Insomma, nella logica tecnologica della gamification, dobbiamo accettare l’esistenza di un gaming criminale, uno militare, uno finanziario, ecc. con il soggetto iper-moderno che può decidere di “giocare” in base alla sua specifica costruzione del reale. Nell’orizzonte spazio/temporale del gaming, la tecnica viene assolutizzata e diventa valore in sé. Le persone, che abitano l’età della tecno-scienza godendone i benefici in termini di accesso agli oggetti ed ottenimento di sempre nuovi spazi di libertà, non vedono che si tratta di strumenti che, pur accorciando lo spazio e velocizzando il tempo, annientando il dolore e costruendo un anti-destino medico, possono rendere inutili le norme su cui sono state edificate le morali, facendoci scivolare nella scomoda consapevolezza che il nostro modo di essere uomini si mostri ancora troppo “tradizionale” per abitare una età tecnologica cui deve forzatamente corrispondere un modello di essere umano creato dalla scienza, non dalla nostra stessa libertà.

L’attacco hacker russo al Senato della Repubblica, rivendicato su Telegram dal gruppo “Killnet”, è leggibile sullo sfondo del pensionamento dell’ iPod, lo strumento che rivoluzionò l’accesso alla musica di intere generazioni. L’intensificazione tecnica della semiosfera contribuisce in modo esemplare al radicamento paradossale dell’essere umano nella società additiva, dove il desiderio di inclusione deve accordarsi con la sensazione di vivere sempre in ritardo sulle determinanti socio-strutturali del nostro tempo.

* Sociologo della devianza e del mutamento sociale

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