È noto da tempo, l’inquinamento atmosferico determina una diminuzione della vita media di circa tre anni, confrontabile a quella determinata dai tumori, con importanti conseguenze sociali e sanitarie e con costi crescenti. È quindi normale che si cerchino delle soluzioni per rendere più respirabile l’aria delle nostre città. Il nemico principale da combattere è costituito dalle polveri sottili e da tutti quei composti che oltre alla combustione del carbonio producono ossidi di azoto e di zolfo.
In città di mare come quelle che abbondano nel nostro Belpaese, a partire dal capoluogo della nostra regione, un fattore di impatto non trascurabile è rappresentato dalle navi che restano a motori accesi anche in banchina solo per alimentare la produzione di energia elettrica. Da tempo l’unione europea ha pianificato l’elettrificazione delle banchine (detta “cold ironing”), proprio per permettere alle navi di restare spente in porto evitando la produzione di scarichi inquinanti. Ma certamente il primo fattore responsabile dell’inquinamento dell’aria nelle nostre città è determinato dal traffico automobilistico e dal trasporto “su gomma”, ovvero tramite camion, che nel nostro paese è da record.
Anche in questo caso le soluzioni adottate in tutto il mondo avanzato sono basate sul trasporto via mare (vedi sopra, per ridurre gli impatti in porto) e via “ferro” ovvero su rotaia. I buoni e vecchi treni sono certamente la modalità di trasporto più conveniente e green. Ma resta un grosso elefante nella stanza: il traffico automobilistico. È per questa ragione che l’Unione Europea, sulla scia di quanto già da mesi decretato in California, ha deciso l’addio dell’Europa ad auto e furgoni a benzina o diesel dal 2035. Anche i bus cittadini dovranno essere a zero emissioni dal 2030 e per i camion le emissioni di CO2 dovranno scendere in modo progressivo a partire dal 2030. Si tratta di una scelta prevedibile che in queste ora viene accompagnata da forti recriminazioni, come se i politici italiani vivessero su Marte e scoprissero solo ora che queste decisioni fanno parte di quella transizione ecologica che è la ragione per cui l’Unione europea ci ha concesso oltre 230 miliardi di euro di finanziamenti. Questa scelta che farà da apripista in molti altri Paesi avanzati non è contro l’Italia o contro le fabbriche italiane.
È semplicemente necessaria e se dovesse trovarci impreparati sarebbe solo responsabilità di una classe politica dirigente impreparata e miope.
Già oggi le auto elettriche sono circa il 12% del mercato automobilistico. Già oggi tutte le case automobilistiche europee devono produrre una quota non trascurabile di auto elettriche, e la richiesta di questo mercato è in continua crescita. Alla fine, credo che i tempi potranno essere modulati, soprattutto ove non si riuscissero a rispettare pienamente le scadenze (e non sarebbe la prima volta), ma non ne trarremmo vantaggi, anzi. Inoltre, se non cominciamo ora resteremo sempre gli ultimi, a lamentarci degli altri brutti e cattivi, mentre siamo solo noi impreparati. Si tratta di una rivoluzione ecologica che è appena agli inizi, ma che è tutta a favore della nostra salute e di quella dell’ambiente.
* Professore Ordinario all’Università Politecnica delleMarche, titolare dei corsi di biologiaMarina, Ecologia ed Etica ambientale