La transizione ecologica e le filiere abbandonate

La transizione ecologica e le filiere abbandonate

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 15 Marzo 2023, 06:00

Le pagine economiche degli ultimi giorni sono dominate dalle analisi sulle possibili conseguenze sul sistema finanziario internazionale del crac della Silicon Valley Bank (SVB). Gli effetti si sono già sentiti sulle borse mondiali con il brusco calo di quasi tutti i titoli bancari, trascinati al ribasso dai timori di un possibile contagio ad altri istituti bancari. La probabilità che si verifichi una crisi di proporzioni simili a quella del 2008-2009 è decisamente bassa ma nei prossimi mesi le autorità monetarie sono chiamate a muoversi i un difficile equilibrio fra la necessità di contenere le spinte inflazionistiche e quella di non deprimere le possibilità di crescita, oltre che prevenire potenziali situazioni di crisi simili a quella della Svb.

Anche se in questo momento le dinamiche dei mercati finanziari sembrano predominanti, non dobbiamo dimenticare che nel lungo periodo la dinamica dell’economia è determinata dagli aspetti reali, quelli connessi alla capacità di produrre beni e servizi. In questo ambito le crisi degli ultimi anni hanno messo in evidenza importanti elementi di debolezza che caratterizzano l’economia europea e italiana, e che sono in gran parte riconducibili alla dipendenza tecnologica e produttiva dagli USA e dai paesi dell’Est Asia, Cina in primo luogo. Tale dipendenza è emersa con evidenza durante la pandemia a causa dell’improvvisa interruzione di alcune catene di fornitura. Abbiamo così scoperto (ma in realtà lo sapevamo già) che i paesi UE hanno da tempo abbandonato intere filiere dell’elettronica diventando in questo modo pressoché totalmente dipendenti dall’esterno per alcuni componenti chiave, come i chip e altri componenti elettronici avanzati: componenti che sono presenti in innumerevoli tipologie di prodotti, oltre che fondamentali negli apparati di comunicazione sui quali si regge l’offerta di gran parte dei servizi.

Più di recente, l’accelerazione da parte della Commissione e del Parlamento Ue sulla transizione ecologica ha messo in evidenza il fatto che per molte delle tecnologie chiave per assicurare questa transizione, come quelle dei pannelli fotovoltaici o delle batterie, la UE è in forte ritardo: sia nella capacità di sviluppo di queste tecnologie sia in termini di capacità produttiva.

Accelerare la domanda di questi prodotti finirebbe quindi per incrementare la dipendenza della UE dai paesi terzi. In un recente rapporto pubblicato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia sull’industria mondiale del fotovoltaico emerge che la Cina detiene oltre l’80% della capacità produttiva in quasi tutti gli anelli della filiera del fotovoltaico. Una leadership che si è determinata per effetto delle rilevanti economie di scala nella produzione e del fatto che chi produce alla lunga diventa anche leader nello sviluppo della tecnologia.

Ma ciò è anche il risultato di specifiche politiche industriali messe in atto dalla Cina e basate sul sostegno a industrie e filiere considerate strategiche. Nella UE e nel nostro paese la politica industriale è stata più “timida” rispetto all’idea di individuare e sostenere specifici settori o filiere preferendo un approccio alla politica industriale di tipo orizzontale, orientata a sostenere l’innovazione e la competitività in tutti i settori. E’ questo l’approccio alla base del piano “Impresa 4.0” destinato a favorire la digitalizzazione. La giustificazione teorica di questo approccio sta nel fatto che difficilmente il policy maker è in grado di individuare su quali settori investire; meglio quindi lasciare questa decisione alle imprese, creando le condizioni di contesto che favoriscono l’innovazione e la competitività.

Negli ultimi anni gli indirizzi di politica industriale della Ue si stanno sempre più orientando verso la necessità di sostenere il recupero di filiere tecnologiche che sono considerate strategiche per la transizione digitale ed ecologica: l’intelligenza artificiale, la componentistica elettronica, le batterie, la filiera dell’idrogeno, ecc. Sarà importante per il nostro paese e per la nostra regione riuscire a inserirsi in questi nuovi indirizzi creando le condizioni per attrarre nuove attività di ricerca e nuove produzioni sui nostri territori. 

* Docente di Economia  alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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