Grazie alla transizione digitale grandi opportunità di crescita

Grazie alla transizione digitale grandi opportunità di crescita

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 7 Giugno 2023, 06:20

Nell’ultimo decennio vi è stato un deciso riorientamento della politica industriale nella Ue e negli altri principali paesi avanzati. Non si è trattato solo di un cambio di finalità e di strumenti. La politica industriale, volta a sostenere la competitività del sistema produttivo, è tornata al centro degli interventi di politica economica, con un significativo incremento delle risorse pubbliche ad essa destinata. Il cambiamento è iniziato in reazione alla crisi finanziaria mondiale del 2008-2009 ed ha subito una significativa accelerazione con la crisi pandemica e la guerra in Ucraina.

In estrema sintesi il riorientamento della politica industriale ha comportato la rivalutazione di politiche di tipo verticale, cioè destinate a favorire specifici settori o filiere industriali, rispetto alle politiche di tipo orizzontale, cioè neutrali rispetto ai settori. Queste ultime partono dal presupposto che l’intervento pubblico debba limitarsi a creare le condizioni favorevoli all’attività d’impresa senza influire sulle scelte settoriali degli investimenti privati. Un esempio in questo senso è il piano Industria 4.0 messo a punto nel 2016 e successivamente ampliato e potenziato. Si tratta del principale intervento di politica industriale messo in atto nel nostro paese negli ultimi anni con l’obiettivo di favorire l’acquisizione di tecnologie digitali da parte delle imprese di qualunque dimensione e settore.

I meccanismi di allocazione delle risorse sono in gran parte automatici e basati su incentivi di tipo fiscale. Le politiche industriali di tipo orizzontale sono il frutto di un orientamento liberista, predominante in ambito Ue, secondo il quale lo stato deve intervenire il meno possibile nelle scelte di investimento delle imprese, limitandosi a fissare le regole entro le quali si volge la dinamica competitiva. Le politiche industriali di tipo verticale originano da una visione diversa, secondo la quale è compito dello stato intervenire per sostenere o incentivare gli investimenti in specifici settori, ritenuti per varie ragioni “strategici”. Inizialmente questo tipo di approccio sembrava rispondere a logiche puramente economiche; la strategia di “smart specialization”, introdotta per i fondi strutturali Ue 2014-2020, era giustificata dalla necessità di evitare la dispersione delle risorse e favorire il conseguimento di un’adeguata massa critica negli investimenti in ricerca e sviluppo.

Successivamente, il venir meno della fiducia nella globalizzazione ha determinato un deciso cambio di prospettiva delle politiche industriali; esse sono diventate il principale strumento attraverso il quale gli stati nazionali sono intervenuti per attenuare gli effetti delle crisi e per conseguire autonomia strategica nel controllo delle filiere manifatturiere.

Il recupero di “sovranità” nelle filiere industriali e nelle tecnologie considerate strategiche è diventato ancora più esplicito a seguito della crisi delle catene di approvvigionamento determinata dalla pandemia e del riacutizzarsi delle tensioni geopolitiche a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Sia gli Usa sia la Ue hanno annunciato massicci piani di investimenti pubblici orientati al recupero di capacità produttiva in alcune filiere chiave, in particolare quelle associate alla transizione digitale ed energetica. Per l’Italia e per le Marche si tratta di una buona notizia. Malgrado la lunga fase di crisi, il nostro paese (e la nostra regione) continuano a mantenere una consistente base manifatturiera; che può essere ulteriormente ampliata e diversificata.

I vincoli di finanza pubblica limitano le risorse che il nostro paese può mettere in campo; possiamo, però, rendere più efficaci le politiche di attrazione verso il nostro territorio degli ingenti investimenti pubblici e privati che saranno destinati alla transizione digitale ed ecologica.

Nei prossimi anni vi saranno straordinarie opportunità di crescita in produzioni totalmente nuove. Abbiamo le competenze e le capacità per sfruttare queste opportunità. A condizione di non opporsi al cambiamento, disperdendo risorse nella salvaguardia dell’esistente piuttosto che per sostenere l’innovazione e la diversificazione.

* Docente di Economia  alla Politecnica delle Marche  e coordinatore Fondazione Merloni

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