Un anno fa, era il 26 aprile, i cinema riaprivano dopo chiusura lunga che manco in tempo di guerra. Pochi giorni fa, l’attribuzione dei David di Donatello ha di fatto concluso la stagione della ripartenza. Tempo di redigere il bilancio, dunque. Come è andata? È andata che si è ripartiti con il freno a mano tirato. È andata che un bel po’ di sale non hanno riaperto per niente e le altre tengono botta stringendo i denti ma non si sa per quanto ancora potranno reggere: gli spettatori ben più che dimezzati, rispetto all’era preCovid. È andata che il David del Pubblico, assegnato sulla base degli incassi, se lo è aggiudicato “Me contro te 3” che ha rastrellato cinque milioni: nessuna produzione nazionale si è manco avvicinata a tale risultato in ogni caso non esorbitante. Vale a dire, è andata che alle italiche commedie gli italiani in massa han voltato le spalle, e fino a due anni fa la commedia era l’unico genere che sbigliettasse forte.
È andata che dagli Stati Uniti, cinecomics e film d’autori conclamati a parte, sono arrivati moltissimi meno titoli che in passato. Se ricordo bene - e con la memoria che mi ritrovo è facile qualche titolo lo scordi, ma poca roba davvero, pochissima -, se ricordo non troppo male, diciamo meglio, di action movie a stelle e strisce ne è uscito uno dicesi uno (innevato, con Liam Neeson eroico), commedie goliardiche manco mezza, commedie sentimentali non me ne sovvengono, thriller magari dozzinali e tuttavia di qualche richiamo, idem come sopra. Qualche cartoon (ma non Pixar), qualche horror, più o meno basta lì, addirittura l’Oscar 2022, “Coda”, è stato inizialmente distribuito in streaming. E se qualcuno pensava che in assenza di film commerciali americani il pubblico avrebbe affollato le proiezioni dei piccoli film d’autore molto ignoto, a questo qualcuno va, con pieno merito, il premio per l’Ingenuo dell’Anno.
È accaduto che le sale cinematografiche son state degradate a strumento di lancio pubblicitario per i film destinati, tempo una settimana o due, alle piattaforme (ma a volte anche alla tv generalista: esempio, il biopic dedicato a Carla Fracci). È andata che per occupare gli schermi si è fatto ricorso a una caterva di documentari: il genere che tira di meno in assoluto. È andata così: il bilancio è un pianto.
Altro segnale positivo, le recenti dichiarazioni del nuovo Ceo di Warner Bros Distrubution, David Zaslav: “Abbiamo sempre meno intenzione di far collassare l’industria cinematografica sullo streaming. Quando fai uscire un film al cinema, questo genera un grande flusso di monetizzazione”. I soldi veri, ancora si possono fare soltanto in sala, ormai l’hanno capito tutti o quasi, le piattaforme del resto qualche problema ce l’hanno e stringono i cordoni della borsa (citofonare Harry & Meghan per delucidazioni: Netflix alla serie su di loro ha rinunciato). La salvezza delle sale cinematografiche non sta più a cuore solo ai vecchi appassionati del grande schermo e della visione condivisa. È un fatto importante, teniamo le dita incrociate.
* Opinionista e critico cinematografico